Mi sono preso una libertà, quella di mettermi a scrivere di Buffon dopo il rigore parato contro l’Atalanta. Dopo le migliaia di articoli scritti per il suo quarantesimo compleanno. Dopo aver sentito tutte le voci del mondo sul suo ritiro, sul suo proseguimento, sul suo restare a patto che… e non proseguo la frase. Mi sono preso la libertà di lodarti ancora una volta, come se non lo avessi mai fatto in vita mia. Io, che come tutti i ragazzini che andavano in porta, dicevo di essere te. Evidentemente, se sono a scrivere qui, era meglio se evitavo quei paragoni.
Nessuno si ricorda cosa fa due giorni dopo il proprio compleanno: di solito non si fa niente di speciale. Nessuno ti augura più alcunché, a meno che il tuo compleanno non sia un giovedì e tu decida di festeggiarlo il sabato sera. Tu invece ti sei trovato a giocare nella nebbia di Bergamo due mesi dopo l’infortunio. La prima da quarantenne, la prima dell’anno (chissà se il tuo ultimo), una partita di Coppa Italia che non giocavi da cinque anni (un’ottavo di finale con il Cagliari vinto 1-0 di cui pochi si ricorderanno). Avevi gli occhi addosso, ancora una volta, per la mille-e-trentaquattresima volta (che scritta così dà un’idea più grande di cosa hai fatto). E in una partita cominciata con il gol di Higuain, pensi bene di parare un rigore come se fosse la cosa più semplice del mondo. Così come salvare il risultato a pochi minuti dalla fine.
Come passa il tempo vero? Me ne rendo conto quando penso che se si parla di dieci anni fa non ci si riferisce più agli anni ’90 ma al 2008. Fa strano vero? Tu compievi 30 anni, ricevevi il giusto tributo, anche se il periodo dei social era troppo limitato rispetto alla valanga di post, tweet, foto, video e messaggi che puoi aver ricevuto pochi giorni fa. Già allora ti avranno chiesto quanto avresti proseguito la carriera, cosa ti avrebbe riservato il futuro. All’epoca ti sarai fatto un’idea di cosa fare, solo che era troppo lontana, troppo astratta, troppo… irreale. Indefinita. Forse anche adesso lo è, solo che i tempi sono più maturi: si chiama natura, ci dobbiamo passare tutti.
Le generazioni che ci hanno preceduto sono cresciute con il mito dell’Italia campione del mondo del 1982, con Mazzola e Rivera, con Pelé, Cruijff, Beckenbauer, Maradona e George Best. Noi abbiamo te. In questo mondo di svenduti, di fighette ambulanti che crollano al minimo contatto, di mercenari, di miliardari e pseudo miliardari cinesi, di procuratori e di parolieri, noi abbiamo te. Magari c’è ancora qualcuno che ti dà dello scommettitore, che dice che sei vecchio, che pensi solo alle donne, ma sai che dopo la partita si zittiscono tutti. Noi abbiamo Buffon, ancora. Nonostante tu sia arrivato a 40 anni, sei ancora qui.
Sarebbe troppo banale dirti di non smettere mai, ma sappiamo tutti che quel giorno arriverà. Sarà comunque un giorno in cui il calcio smetterà di avere un senso. Diventerà uno sport avulso, vuoto, pieno di calciatori forti e strapagati, ma mai capace di farci sognare a tempo pieno. Questa generazione non è capace di prendere la tua eredità.
Ancora auguri Gigi. Ps: se scrivi Gigi su Google i primi risultati che vengono fuori sono Hadid, D’Agostino, Proietti e Sabani. Non per togliere qualcosa a chi ti precede, ma in me regna un senso di ingiustizia insopprimibile.
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