Ci sono serate in cui persino una Signora grande e forte ha bisogno di essere aiutata a fare un passo che sembrava il più semplice di tutti. La pigrizia è una brutta bestia, soprattutto se sommata a carichi di lavoro non certo morbidissimi. Il risultato è una serata noiosissima, in cui tutti si passano la palla e uno solo prova a giocare di fioretto. Douglas Costa è l’esatto esempio di allegria in una Juventus troppo compassata.
Non ce n’è per nessuno. Perché il brasiliano tocca un’infinità di palloni, visto che davvero tutte le azioni bianconere passano da lui. Sì, anche quelle – e sono tantissime – che non portano a nulla degno di nota. L’ex Bayern Monaco è un porto sicuro per i vari De Sciglio, Khedira, Mandzukic e Pjanic, sempre alla ricerca di un compagno più brioso e voglioso di divertirsi in una partita che definire pedante è un eufemismo.
Douglas è la parte joga bonito di questa Juve, ma le giocate fini a se stesse son sparite e, in compenso, è sopraggiunta un’ammirevole capacità di essere una cosa sola con la squadra.
La superiorità numerica è fondamentale in partite chiuse come quella di Verona, dunque lui punta sempre e l’uomo e lo salta 9 volte (e mezza) su 10. Dal suo piede nasce un cross che Mandzukic per poco non trasforma in gol, come dal suo sinistro nasce la zuccata che fa sbloccare Gonzalo Higuain, a secco da quasi 7 partite.
Il calcio, in fin dei conti, non è un gioco così difficile. E fa strada chi sa emozionare e sa emozionarsi. Lui è uno di quelli: raramente in campo senza sorriso, raramente refrattario ad una giocata bella (da un po’ di tempo, anche utile), ma sempre alla ricerca del guizzo a sorpresa.
Il calcio è una materia semplice se letta con le giuste competenze: se non c’è gioia non si fa strada. Ma, se non c’è la Joya, ci penserà Douglas.
This post was last modified on 27 Gennaio 2018 - 23:19