Basta un lampo. Di un fulmine che si fa tuono e che se ne frega se il mondo non gira alla sua velocità. Anzi: se proprio va a rilento, con i tocchi sbagliati e gli svarioni della fretta, di tanto in tanto anche baciati da preghiere soffocate. Eppure, è quel lampo a fare il sereno. Ed è sempre quel lampo a scacciare una pioggia che nel finale avrebbe assunto tratti drammatici: non sarebbe stato giusto, no. Del resto non lo è mai quando succede.
DOUGLAS COSCA
La partenza è bella. Bella di quelle partenze che schiacci l’acceleratore e la macchina è roba tua, che sente i tuoi bisogni e risponde solo a te, alla tua voglia di sfrecciare verso casa. Bella di quelle partenze che ti danno l’impressione di avere un percorso già tracciato dal destino, che non ci saranno intoppi, che sei talmente a tuo agio con la vita da dimenticare per un attimo tutto il resto. Poi arriva un po’ d’imprecisione, qualche timido intervento, una fase di stallo che si squarcia solo con l’episodio. Tant’è: Mandzukic raccoglie dal cesto delle palle sporche un’intuizione di Costa, che a sua volta scatta da posizione impensabile. Ready, set, go: “Prova a prendermi” l’avrebbe interpretato meglio lui, massimo rispetto per DiCaprio.
E’ un gioco d’intenti, il suo. Di sguardi, di fiato, di certezze. Higuain fa parte di questa parte di vita del brasiliano e si vede, Mandzukic si adegua dall’alto della sua intelligenza. La rete non può non arrivare: è un meraviglioso frutto di risposte e d’allenamenti. Nella Douglas’ cosca, la Juve impara a sguazzare.
STU-RARO PIU’ MARIO
Ecco: da lì l’album s’incaglia, complici gli infortuni di Khedira e Alex Sandro. Il disco non gira e subentrano le gambe pesanti, il fiato corto, l’illogica logica della scarsa lucidità che può avere una gara fredda, senz’anima e dopo qualche giorno di preparazione ripresa. Deve subentrare la garra, per forza. Deve farlo perché la tecnica ha già preso una stanza per Verona e restano cinquanta minuti da gestire, con i pensieri del caso e le frustrazioni di un po’ di numeri che non girano.
Se solo si potessero pesare quegli interventi, quelle urla di Allegri, quel salvataggio finale di Sturaro quasi in area piccola, il campionato finirebbe oggi. E non sarebbe davanti il Napoli. Perché son partite sporche con l’anima pulita, ed ecco cos’è stata la Juventus col Genoa: un misto di tutto ciò che si è e di tutto quello che servirebbe tornare ad essere. E’ la prima, è diversa, si mette a referto con quei tre punti che per Carnevale prenotano il vestito da macigno. E’ la prima, è diversa, è vittoria. Basta così.
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