Nel 2017 di Dybala scorre tanta vita ch’è difficile chiuderla in un cerchio definito.
Se proprio volessimo, potremmo pensare a una linea, discontinua, che va dalla Fiorentina, a gennaio, alla Lazio, a ottobre.
Due punti bassi, che rendono veloce il collegamento. Da una serata sbiadita, stanca, ormai lontana a un pomeriggio amarissimo.
A Firenze, i bianconeri trovarono la svolta per il sogno, poi infranto. A Torino, invece, hanno preso consapevolezza di tante cose: la fragilità del suo gioiello, per esempio.
In mezzo, la vetta contro il Barcellona e la discesa ripida, e rapida, di Cardiff. I primi sei mesi dell’anno che sta per finire, in fondo, si sono legati stretti alla Juve. (E non è certo un caso).
Prima tappa: Barcellona
Procedendo, appunto, per momenti, non si può prescindere dalla nottata dell’allora Juventus Stadium.
Sì, poi c’è stata Montecarlo e il Monaco, ma inutile negare che quell’epica partita è stata la genesi d’ogni sogno.
Con la mano, pesante, di un progetto di campione che, in quel momento, ha illuso un po’ tutti d’essere arrivato già al piano superiore.
(Non è da tutti stendere il Barcellona. Non è da tutti farlo come l’ha fatto Paulo).
Chiudete gli occhi: Cuadrado dribbla, serve Dybala, si gira su se stesso. La mette sul palo più lontano.
In una manciata di secondi.
Spiana una strada che, dopo poco, rischiara con la seconda perla. Quegli attimi sono adrenalina bevuta a lunghi sorsi, senza soluzione di continuità.
Il viaggio mentale, ora, potrebbe concederci di saltare mesi e mesi.
Planare sul campionato, naturalmente vinto, anche se con meno punti rispetto al passato. Mette comunque la sua firma, Paulo, come in Coppa Italia. E, poi, c’è l’azione da film contro il Monaco, insieme a quel matto di Dani Alves e all’implacabile Higuain.
Eppure, lasciando la mente libera da costrizioni temporali, la prosecuzione naturale di Juve-Barcellona è la finale di Cardiff.
Seconda tappa: Cardiff
Come ci arriva, Paulo? Evidentemente peggio di qualche mese prima.
È che, purtroppo, su gambe e realtà ogni partita pesa allo stesso modo – più o meno.
Ha 24 anni: non è più un ragazzino. Di fronte, il sogno di una vita: l’ha raccontato agli amici, giù a Laguna Larga. Vuole quello e solo quello. Dietro, invece, ha tutte le paure, le ansie, i timori.
Negli interminabili novanta minuti di Cardiff avranno la meglio.
È anche difficile parlare della partita di Dybala. Nervosa, inconcludente, soporifera: tutto il contrario di quella che sarebbe dovuta essere.
La “notte prima degli esami”, con i suoi scorci di speranza, rimane l’unica da portar via dal viaggio in Galles. L’esame, quello vero, Paulo l’ha fallito.
Troppa convinzione, e un pizzico di superbia, fa svanire il sogno all’ombra della maestosità di Cristiano Ronaldo.
(E qui, in ogni caso, la mente non può che divagare e tornare a Torino, Piazza San Carlo: una notte infame, più di tutte.
Un ricordo va, prima di tutto e tutti, a Erika, che sarà sempre viva nei nostri ricordi e, sopratutto, in quelli di chi l’ha vissuta e amata).
Terza tappa: l’estate e la grandinata
L’estate, intanto iniziata, scorre, grano dopo grano, e porta un po’ di novità.
Un Leonardo Bonucci in meno, qualche compagno in più e una maglia nuova: la numero 10. Insieme al rinnovo di aprile, 5 milioni più bonus fino al 2022, è l’investitura ufficiale a re del regno bianconero.
Uno scettro pesante che, in realtà, era vacante da più tempo di quanto immaginato. Troppo brevi, e troppo fugaci, le avventure di Tevez e Pogba. Paulo, per età e per volontà, sembrerebbe l’unico vero erede del Dieci, quello per eccellenza: Alex Del Piero.
Il grandinante inizio di campionato, in cui piovono gol a raffica, pare pure confermarlo.
Da agosto a settembre, dal Cagliari al Torino, segna 10 gol. Si seguono doppiette e triplette, Dybala è un fiume in piena che nessuno può arginare. Inutili, chiaramente, gli appelli alla “calma” di Allegri.
In Europa continua a mancare la rete, ma Paulo, nelle cronache, diventa già il nuovo eroe popolare.
Quarta tappa: Lazio
Ecco perché, arrivando al nostro secondo punto fermo, il rigore sbagliato contro la Lazio rischia di scalfire l’ancora fragile Joya.
Il secondo errore di fila, dopo Bergamo, pesa: sulla classifica e, sopratutto, su testa e morale. “Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”, ma tanti “particolari” danno un quadro preciso.
Tra l’altro, quella con la Lazio è la partita-sintesi del primo scorcio di stagione della Juventus. Giocata bene, fino a un certo punto, poi il black-out e il crollo. Lo stesso film di Genova, contro la Samp, tanto per dire.
Per Dybala, comunque, inizia il periodo più nero della sua avventura juventina.
Un po’ perché a quell’altezza non era ancora arrivato e, quindi, la “caduta” ha fatto più rumore del dovuto.
La maratona iniziale, si sapeva, avrebbe comportato una sosta. Ma le partite a secco, man mano, hanno iniziato a inanellarsi. (Qualche rondine, si sa, non fa primavera).
La collana delle critiche s’è fatta sempre più pesante. Eccolo, il peso specifico dei “particolari”.
Quinta tappa: oggi (e oltre…)
Arriviamo ai “giorni nostri” – che bizzarra espressione, gli altri di chi sono? – e alle panchine.
Pure in serate di gala, giusto per rendere chiaro il concetto: uno vale l’altro. “La panchina fa bene”, ha quindi sentenziato, in rigoroso toscanaccio, Allegri.
La prima risposta che il 2018 bianconero dovrà darci è proprio questa: ha fatto bene, a Dybala?
La ritrovata serenità personale, con una Antonella in più e qualche pensiero per la società in meno, è un indizio importante.
La serata contro il Verona è l’altra traccia da seguire. Ma, allo stesso tempo, ci porta dritti al vero “buon proposito” di Dybala per l’anno nuovo: trovare maggiore continuità.
No, non solo nell’arco della stagione: quella è la chiave per diventare fuoriclasse. Bensì nell’arco della stessa partita: Paulo non può spegnersi e riaccendersi a intermittenza.
Allegri dice che, nel giro di qualche anno, dovrà vedersela con Neymar, come migliore al mondo. (A noi sembra che ci si dimentichi di un certo Mbappé e il fatto che i due giochino insieme è da brividi).
Ma Dybala, prima di tutto, deve iniziare a essere migliore di se stesso, di continuo. Con la testa fissa a un solo obiettivo: vincere.
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