Quando, stamani, dalla tanto cara urna di Nyon è venuta fuori la pallina abbinata al Tottenham, a Max Allegri sarà scappato un sorrisino amaro. Non tanto perché il pensiero si è già proiettato verso le giocate di Alli e Kane, quanto perché – alla prima esperienza in Champions League dell’allenatore toscano – la parola ‘fine‘ fu messa proprio dagli Spurs. Era la stagione 2010-2011, era il Milan di Ibrahimovic, e si trattava anche quella volta degli ottavi di finale.
Quell’anno, poi, i rossoneri avrebbero trionfato – meritatamente – in campionato. Ma a San Siro, nell’andata contro gli inglesi, la formazione rimaneggiata non aiutò Allegri: Thiago Silva chiamato a fare il mediano davanti alla difesa, Pato a mezzo servizio, la defezione di Abbiati a metà primo tempo.
E la gabbia di Redknapp funzionò alla grande: Ibra, ancora una volta, piccolo piccolo in Europa, Seedorf lontano parente del mago di Champions e a Gattuso, nel finale, decisamente troppo nervoso. Mani al collo a Joe Jordan e addio ritorno: a White Hart Lane finì 0-0, dopo lo 0-1 di Milano (firmato Peter Crouch).
Quella era la prima effettiva avventura europea di Massimiliano Allegri, che avrebbe sperato in un esito totalmente diverso per quello che era un Milan dall’alto tasso tecnico. Pochi allenatori, però, imparano così tanto dai propri errori e dalle proprie mancanze come fa l’attuale tecnico bianconero.
Perché ben presto il conte Max ha lasciato che gli venisse affibbiato l’onorevole soprannome di “Mr Europa“. L’anno dopo la disfatta contro il Tottenham, il Milan passò agli ottavi superando – non senza qualche brivido – l’Arsenal di Wenger, ma dovette arrendersi al Barcellona.
Già, il Barcellona. Quel Barcellona che, nella stagione 2012-2013, fu ‘matato’ a San Siro grazie ad uno dei più riusciti capolavori tattici dell’allenatore livornese: nonostante una rosa qualitativamente molto inferiore, il Milan non rischiò nulla e sconfisse i blaugrana per 2-0.
Sì, il Barcellona. Quel Barcellona che, l’anno scorso, non ha segnato neanche una volta alla Juventus nei quarti di finale. Per l’ennesimo saggio delle qualità strategiche di Allegri, troppe volte sottovalutato dall’opinione dei tifosi italiani.
Le ultime 5 volte che la Juventus ha affrontato una squadra inglese durante la fase ad eliminazione diretta è stata eliminata. Il secondo posto nel girone ha permesso ai bianconeri di evitare Bayern Monaco, Real Madrid, Chelsea e ovviamente Barcellona, ma ha presentato quasi un must per l’avversaria degli ottavi: con City, United, Liverpool e Tottenham in ballo, c’era addirittura il 66,6% di affrontare una squadra British.
Lecito aspettarsi da Allegri un altro doppio confronto di estrema attenzione: è proprio in questi frangenti che riesce a dare il meglio di sé. Il Tottenham, lo scorso agosto, ha messo in mostra i limiti difensivi dei bianconeri, che oggi sembrano finalmente superati.
Ma gli Spurs restano squadra temibilissima nonché deliziosa con la palla tra i piedi: il precedente infelice potrebbe essere la spinta in più per permettere ad Allegri di fare un altro passo verso l’Olimpo dell’Europa che conta.