Ci hanno rubato un sogno. E anche sere d’estate in compagnia: con birre al fresco e sullo schermo i nostri Azzurri. Ci hanno sottratto ricordi, che potevano essere meravigliosi, di momenti invece mai vissuti. Esultanze scomposte, corse frenetiche, tensione e adrenalina nelle vene. Anche agli orari più improbabili. Ci hanno rubato l’emozione dell’esordio e l’inno cantato tutti assieme intrecciando le braccia e i cuori. Dimenticando tutto il resto. Ci hanno tolto lunghi sospiri, di quelli che ti tengono sveglio la notte, che ti fanno sentire vivo. E anche sguardi d’intesa, di paura, di condivisione di un’emozione forte. Nessuna attesa, nè rabbia, nè gioia. Niente sussulti, nessun turbamento o trepidazione. Nessun maturando distratto dalla Nazionale. Nessuna bandiera per le strade, nè clacson in festa. Nessun bambino che si innamora del calcio. Nessun padre che gli spiega il fuorigioco. Ci hanno rubato un sogno. Perché non ci sarà niente di tutto questo.
L’Italia, dopo ben 60 anni dall’ultima volta, non parteciperà ad un Mondiale di calcio. Gli azzurri in Russia non ci saranno. E con loro nemmeno i sogni di gloria. Il fallimento è totale, è evidente: sotto gli occhi di tutti. E’ naufragato un intero sistema, un intero movimento. E probabilmente questo verrà ricordato come l’anno zero del calcio italiano. L’anno della rifondazione, del cambiamento radicale. O almeno così si spera. Imparare dagli errori commessi negli ultimi anni per ripartire alla grande, per rialzare la testa: è questo il diktat che si è diffuso nelle ultime ore. Starà a chi di dovere trasformare questi astratti presupposti in azioni concrete. Ormai il fondo è stato toccato (e raschiato anche), e non si può che risalire.
Eppure, la Juventus, come oggi sostenuto da Mario Sconcerti, ci aveva illusi che qualcosa fosse cambiato. Che il “brand italiano” nel mondo avesse ancora un appeal forte. Che, in fondo, il calcio italiano potesse dire ancora la sua. La Juve, ci aveva illusi che l’Italia, all’ombra dei suoi molteplici record, contasse ancora qualcosa. Lo aveva fatto dapprima costruendo le sue vittorie e le sue scalate europee sulla BBBC: trasformata poi in perno centrale e imprescindibile della Nazionale italiana. Poi, successivamente, trasmettendo agli azzurri, con in panchina Antonio Conte, i famosi occhi della tigre: quel carisma, quel carattere forte e deciso che è stato emblema della rinascita bianconera. Anche il modulo è stato lo stesso: il famigerato 3-5-2. Insomma, l’Italia del calcio per rimanere a galla ha provato in tutti i modi ad imitare il “modello Juve”: un esempio vincente, sempre competitivo, organizzato sotto ogni profilo. L’unico davvero esistente e valido in Italia. Purtroppo, però, con scarsi risultati. “Perché la Juve – come sostenuto da Sconcerti – è un altro movimento, un’altra realtà. Quella italiana è leggera ed egoista, gonfiata per convenienza comune ma senza più una base tecnica”.
La Juve rappresenta in questo momento un mondo a parte. Irraggiungibile prima dal punto di vista organizzativo, poi sotto il profilo dei traguardi e delle vittorie. Il fallimento della Nazionale italiana sta tutto nel malfunzionamento dell’intero sistema federale. Che non ha saputo costruire negli anni una solida e autonoma base strutturale. La soluzione migliore al momento è quella che conduce alla rifondazione. Per ripartire meglio, con le idee chiare. Con più lucidità. Come è giusto che sia. Come il calcio italiano merita.
Luca Piedepalumbo
This post was last modified on 14 Novembre 2017 - 21:13