Al comparire dell’ennesimo commento piccato contro la pessima figura palesatasi in tribuna est, comprensibile solo agli ideatori, scocca l’ora delle spiegazioni e delle accuse. Non era il caso di pasticciare una scritta inneggiante ai 120 anni della Signora, della stessa foggia di quella presente sul sito ufficiale. Ci spinge la necessità di fare chiarezza attraverso la testimonianza dal vivo, per controbattere ad insulti ed offese che, senza documentazione alcuna, certuni hanno sparato. Sempre gli stessi, coloro ovvero che bazzicano lo Stadium solo se in possesso di qualche biglietto di favore o, peggio che peggio, che mandano in avanscoperta le truppe cammellate per esprimere il proprio pensiero al coperto. Tanto, la tastiera non protesta.
Si deve sapere che, prima della gara, dopo avere letto le formazioni ufficiali, lo stadio canta l’inno di Paolo Belli e si produce in una sciarpata totale, accompagnata dalla scenografia della curva sud. A proposito, coreografia è termine da balletto ed è davvero singolare che lo si usi in occasione di manifestazioni di curve assiepate, nelle quali sarebbe davvero difficile ballare. Meglio scenografia, anche se ormai qualche giornalista astemio di teatro ha creato il guasto.
Ultimamente si deve fare in fretta a cantare l’inno, poichè spesso le squadre entrano prima della sua fine (sciarpe strette in una mano e toreate all’unisono) ed inizia quell’orrore di “Oh, generosa”, un guazzabuglio di stili mescolati come nell’antro di un mago maldestro, da rinascimento a tardo romanticismo, molto decadente, con una retorica sfacciata ed artefatta. A firma Giovanni Allevi, il grande bluff ascolano.
Ad ogni partita partono i fischi e le imprecazioni di chi sta ancora cantando “…Juve per sempre sarà”. Domenica si è rimasti privi di indicazioni, circa la gestione di un autentico ingorgo di spartiti e movimenti coordinati. Non solo, non si fa più caso alla solita plastica o bianca o nera che se ne sta infilata nel seggiolino. Per cui, alla buon ora, non si sapeva se agitare le sciarpe, tirare su i fogli plastificati o tutti e due. Servivano 3 mani e non tutti ne erano provvisti.
Mentre il resto dello stadio sventolava bandierine bianconere, al centro della est si palesava un pasticcio terribile. E’ andata così, al netto della pioggia che cadeva sulle prime file. La domanda sorge spontanea: non è che a qualcuno è venuto in mente di riesumare i saggi ginnici del ventennio, giacchè tutte le volte c’è un esercizio nuovo da portare a termine, scrivendo in inglese pure, per i mercati esteri? Almeno ci sia riconosciuto il diritto di avere una sorta di Strehler che faccia da regia. Per carità, già l’italiano è individualista per natura, ma in questo modo lo si espone a figure barbine. Con quel che si paga per entrare all’Alliaz Stadium, è il caso di evitare. Non certo per la Mondovisione (che cosa volete che gliene freghi ai cinesi), ma per buona pace dei criticoni, che magari non hanno mai messo piede sugli spalti, ma che si autoeleggono a soloni di “ogni ora”. Sulla carta, si sa, comandano loro.