Una volta, con Antonio Conte, era il 3-5-2, ora con Max Allegri il 4-2-3-1. La Juventus ha mutato atteggiamento e disposizione tattica già da un po’: ma i risultati non cambiano. Sono arrivate tante vittorie, alcune davvero prestigiose, e non soltanto in Italia. Rispetto al passato è sicuramente una Juve più offensiva, una squadra che crea tante occasioni e fa più gol. Una tendenza del tutto invertita dopo anni di grandissima solidità difensiva.
Un modulo introdotto alla Juventus da Max Allegri con coraggio e anche un pizzico di imprudenza. L’unico in grado di far coesistere tre pedine fondamentali come Mandzukic, Dybala e Higuain. Senza dover rinunciare a nessuno. Una disposizione tattica che dimostra una virtù, una risorsa importante che ogni grande squadra deve possedere: la duttilità. E la predisposizione al sacrificio, anche.
Forse in pochi sono a conoscenza delle origini del 4-2-3-1 di Max Allegri. Applicato per la prima volta, come riportato dal Corriere dello Sport, nel 2004\2005 a Ferrara, quando il tecnico toscano era alla guida della Spal, prossima avversaria della Juventus, all’epoca in Serie C1.
Mandzukic era Mattia Altobelli, il figlio di Spillo, mentre Emanuele Berrettoni si muoveva tra le linee come Dybala, all’Higuain di oggi corrispondeva Andy Silva, il calciatore con più presenze nella Nazionale di San Marino, e Pjanic lo faceva Alessio Pirri, talento purissimo che non mantenne le promesse dopo le giovanili azzurre accanto a Totti e Del Piero.
Max Allegri aveva appena 37 anni, si trattava di una delle sue prime esperienze da allenatore nel calcio professionistico, e grazie alla sua intuizione tattica riuscì a macinare bel gioco e risultati positivi. Con lui c’era già Emilio Doveri, all’epoca vice-allenatore e oggi 007 incaricato di relazionare sulle avversarie bianconere.
Luca Piedepalumbo