La sentenza delle sentenze è arrivata: un anno di inibizione per il presidente della Juventus Andrea Agnelli e ammenda di 300 mila euro per il club bianconero. La realtà? È che è una sanzione relativamente giusta: non nella sua forma, ma nel suo contenuto. Ecco, meglio spiegarsi: l’illecito, stando a quanto appurato, c’è stato. Ed è grave, ed è bene che venga in qualche modo ‘bollato’. Perché le violazioni son due, e sono chiare.
È altrettanto chiaro, poi, come non si possa avere un rapporto privilegiato con il tifo organizzato: non importa se malavitosi o meno, non importa se costume di tutti. Non è semplicemente possibile. Importava però smontare le accuse di Pecoraro: ecco, questa è la vera vittoria. Tutto l’architrave ‘collaterale’ su cui si basava il processo è difatti caduto, annientato, annichilito dalla sentenza del Tribunale. Con tanto di puntualizzazioni chiare e precise, come a dire: la prossima volta un po’ più attenti.
Perché no, non c’è conoscenza (o consapevolezza) che i rapporti intrattenuti da Andrea Agnelli siano di matrice malavitosa. E perché no, non c’è responsabilità oggettiva per l’introduzione di materiali vietati nello stadio. E la giornata di squalifica all’Allianz Stadium? Una balla, che non ha trovato fortuna. Né senso.
L’unico dubbio in tutta la vicenda resta però d’un cocente che fa spavento: lo stesso Tribunale non si capacita della richiesta di sanzioni lievi per molti, mentre per Agnelli&Co. si parla di ben altre condanne, di ben altri numeri. Qual era allora il fine ultimo? Senza girarci attorno: un anno ha senso. Per violazioni sui tesseramenti si danno anche diversi mesi, figuriamoci per un ‘meteorite’ di queste dimensioni.
Ma un anno ha senso soprattutto se nel secondo grado d’appello potrebbe arrivare uno sconto. Dunque, soddisfatti? Non proprio. Un po’ di dubbi restano, quantomeno ora si ha un quadro chiaro della situazione. E il futuro, come sempre, è una chimera: in bocca al lupo a tutti.
crico
This post was last modified on 25 Settembre 2017 - 21:34