Bello come una pioggia d’estate, devastante come una tempesta: in Miralem Pjanic convivono due anime, silenziose. Sanno quando riposare e, ancora meglio, quando scatenarsi. Si fondono in uno spettacolo continuo, che grandina fitto sul campo di gioco.
Sa essere pioggerella, ma pure temporale. Sa distillare lentamente il suo infinito talento, ma pure aprire i rubinetti del suo genio. Quando non si vede è presentissimo nella manovra.
Quando si mette in luce, però, si prende la scena e gli occhi di chi guarda. È come una bella donna che, come tutte le meraviglie della natura, sa quando defilarsi.
Contro il Torino, domato da una sontuosa prova bianconera, le due anime del bosniaco si sono confuse rapidamente tra di loro. Recupero, poi passaggio illuminante per Dybala, quindi pennellata alle spalle dell’immobile Sirigu. E, per concludere un certosino assedio, l’assist per il sigillo finale.
Quinto assist e prima rete in questo campionato: dati che sintetizzano un po’ questo primo scorcio di Pjanic. Ricamatore sopraffino, più che finalizzatore: ma se giocasse più avanzato, forse, saprebbe cucirsi addosso anche quel ruolo.
Quello che i dati non dicono, però, è che Miralem sa farsi carico del lavoro sporco. Tanto più con una nemesi quale Matuidi al suo fianco: corridore instancabile, il francese. Il compagno ideale per uno dal passo felpato ed elegante come Pjanic.
Dannatamente presente, con 120 tocchi: una tripla sottolineatura alla centralità di quest’uomo nel gioco bianconero. 105 passaggi tentati, 96% riusciti: numeri pazzeschi, ma densamente reali. Anche perché si traducono in giocate, illuminazioni, reti.
Prima criticato, troppo spesso sottovalutato: Pjanic si sta imponendo di violenza al comando dei suoi. Guidando gli altri dieci dalla regia, come solo lui può e sa fare. Non è Pirlo, ma è comunque uno spettacolo per il palato fino di chi ama il calcio. Lunga vita a Mire.