Un tempo non può bastare, neanche stavolta

Una delle regole basilari del gioco del calcio è quella che stabilisce la durata degli incontri. Si sa, è sempre stato così, le partite, in qualsiasi parte del mondo, a qualsiasi livello, dai dilettanti alla Champions League, durano 90 minuti più recupero e per vincerle bisogna giocarli tutti quei 90 minuti, rimanendo sempre concentrati e attenti, fino al fischio finale. Lo sanno bene i tifosi juventini che, almeno nelle ultime due partite importanti (sia chiaro, quella di ieri sera in quanto a importanza era una partita di calcetto tra amici in confronto alla finale di Cardiff) hanno visto la propria squadra staccare completamente la spina dopo il primo tempo.

Errare è umano, perseverare…

Battute a parte, le similitudini tra il match di ieri sera e quello dello scorso 3 giugno contro il Real Madrid sono preoccupanti. Nel secondo tempo infatti la Juve non è praticamente scesa in campo. Esattamente la stessa cosa che era successa in Galles. L’atteggiamento, che fino al gol di Messi era parso più che positivo, al rientro dagli spogliatoi è sembrato rinunciatario e sommesso. Come se i bianconeri fossero diventati completamente incapaci di reagire alla prima difficoltà in una grande partita.

Una Juve incapace di reagire

Il vero problema dunque, più che tattico o fisico, sembra essere proprio mentale. Sia contro il Real poco più di tre mesi fa, che contro il Barça ieri sera, la Juve nei secondi quarantacinque minuti non ha mai dato l’impressione di poter essere pericolosa, ma al contrario, di diventare improvvisamente vulnerabile. Errori tecnici, disattenzioni difensive, giocatori che escono improvvisamente dalla partita (vedi Higuain), volti che si incupiscono e si innervosiscono.

Il gol allo scadere è un brutto colpo

Certo, subire un gol al Camp Nou, al 45′ del primo tempo, al primo tiro in porta degli avversari è un colpo psicologico non indifferente. Una grande squadra però può e deve trovare la forza di reagire. A maggior ragione perché ha a disposizione un quarto d’ora di tempo per rifiatare e riordinare le idee. Invece no, alla squadra di Allegri l’intervallo sembra non essere d’aiuto. Non sapremo mai cosa sia successo nello spogliatoio di Cardiff, e nemmeno se sia successo qualcosa anche ieri. Quello che sappiamo però è che qualcosa deve cambiare. Non si può uscire dal campo al 45′, soprattutto se si sta disputando un’ottima partita.

Non è tutto da buttare

Il bicchiere ovviamente non è completamente vuoto. I primi quarantacinque minuti fanno ben sperare e la partita di ieri era soltanto la prima del girone. Il tempo per rifarsi c’è ed è anche tanto. Vialli l’anno scorso dopo la pesante sconfitta subita al Franchi di Firenze disse: “La Juve non perde le partite ma impara qualcosa”. Beh a quanto pare la lezione di Cardiff non è servita a molto. Gli errori sono gli stessi e la tenuta mentale deve assolutamente migliorare. Certo c’erano alcune attenuanti: le assenze pesanti, la coppia di centrali quasi inedita, De Sciglio, Matuidi, Bentancur e Douglas Costa al primo appuntamento importante con questa maglia, Sturaro costretto a subentrare fuori ruolo, Messi che, quando vuole, è ancora una delle cose più vicine alla perfezione che si siano mai viste in un campo di calcio, ma nessuna di queste può giustificare un secondo tempo come quello di ieri sera.

Testa al campionato

Siamo solo all’inizio, le partite da vincere a tutti i costi saranno altre, e arriveranno nella seconda parte delle stagione, ma Allegri ha ancora tanto da lavorare. La sconfitta del Camp Nou è semplicemente un piccolo campanello d’allarme che, siamo sicuri, servirà a cambiare qualcosa nella testa dei giocatori bianconeri. Nessuna tragedia e nessuna catastrofe, da stasera si ricomincia, ripartendo da quel primo tempo, in cui qualcosa di buono si era visto, ancora più concentrati ed affamati di prima. Perché la Juve non perde, impara qualcosa.

 

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