Il copione sembrava quello perfetto, finalmente. Proprio come tante altre volte, d’altronde: ci si affidava a segnali esterni che parevano bastare per arrivare alla gloria, ma i conti non vanno mai fatti senza l’oste. Soprattutto se quell’oste si chiama Real Madrid, se ha già 11 Champions in bacheca e se può vantare in rosa gente che è nata per giocare (e vincere) partite del genere. Cardiff doveva essere l’epilogo leggendario di un gruppo ai limiti dell’epico, ma si è trasformata in un orribile incubo, uno di quelli che ti fa tenere la testa ferma sotto il cuscino. I quattro schiaffi subìti dai Blancos di Madrid, però, non hanno fatto perdere di vista l’obiettivo primario dei bianconeri: le grandi orecchie devono essere afferrate, perché le maledizioni, prima o poi, devono svanire. E la Juve vuol riprovarci: dimenticando Cardiff, puntando Kiev.
TRE MESI DOPO: COSA È CAMBIATO?
Mai la Juventus era apparsa così inferiore ad un avversario, sia sul piano fisico che su quello dell’organizzazione. Dani Alves è scappato via, Bonucci ha ammesso di sentirsi un separato in casa sin dall’episodio di Oporto. Il mercato ha regalato esterni di corsa e di classe, oltre a gente esperta (Howedes e Matuidi) e un giovane promettente (Bentancur). Già, Bentancur: dal Superclasico della Bombonera al Camp Nou, mica male come impatto. Molti degli occhi sono puntati su di lui: le assenze di Khedira, Marchisio e Mandzukic gli spianano la strada, lui ha già dimostrato di poter diventare un campionissimo.
Il 19 aprile scorso, la MSN blaugrana non riuscì a far crollare il muro eretto da Bonucci e Chiellini al Camp Nou. Stasera, Neymar non ci sarà, così come i due centrali poc’anzi nominati: sarà l’occasione giusta per testare le reali capacità – in ottica futura – di Daniele Rugani, che non ha tante partite con i controfiocchi nel proprio curriculum (nonostante esso sia già di alto livello).
DYBALA, LA SCENA È TUA
Nella gara d’andata degli scorsi quarti di finale, invece, non si poteva che parlare di Dybala. Della sua doppietta, del suo sinistro, dell’aver messo in ombra nientepopodimeno che Leo Messi. Poi una pagina nerissima, in finale: gli occhi puntati su di lui, la pressione del mondo intero che lo fa rintanare in se stesso. Gambe che non rispondono, idee annebbiate e confuse, nervi nello spogliatoio. I giudizi dei media non si fanno attendere: quel gioiello da Pallone d’oro, di colpo, diventa inadatto, incompleto, troppo lontano dai grandissimi.
Quest’oggi, dopo un inizio di stagione semplicemente sensazionale, vuol riprendersi la scena europea: Messi è lì che lo attende, con la mano pronta per salire insieme sul gradino dei più forti calciatori al mondo. Ma oggi, ancora una volta, bisogna prima di tutto batterlo: la possibilità di avere un oppositore che ti costringa a dare il meglio – pena la sconfitta – è un vero e proprio tesoro sportivo.