Quanto è bello affacciarsi all’inizio di un mese così intrigante come settembre, sapendo di essere sopravvissuti a giorni e giorni di trincea “mercatara”. Ebbene sì, siamo ancora vivi, con le coronarie salve e la flora intestinale in discreta conservazione. Ora le parole e le trattative sono a zero, si fa sul serio e, fino a gennaio, a bocce ferme. Che poi questo benedetto mercato estivo si debba concludere in concomitanza con i raduni delle squadre è talmente lampante, che solo la costante incapacità decisionale di chi è chiamato a decidere, lascia la situazione inalterata.
Come inalterata è la consueta abitudine di giocare con i soldi degli altri e dare consigli ai dirigenti; con quale autorità non è dato sapere, ma si sa che i tifosi pagano il biglietto, i giornali, le magliette e dunque, perdiana, almeno lasciamoli liberi di sparare corbellerie “aggratis”. Sennò immalinconiscono. Cosa è successo dunque in casa Juventus, durante questi ultimi 3 mesi vissuti pericolosamente? In continuo divenire di situazioni non previste? E giocatori ritenuti “bandiere” (o quasi) che si ammainano dal pennone in un batter di ciglia?
Alla corte della “vecchia signora” sono approdati Douglas Costa, De Sciglio, Szczesny, Bernardeschi, Matuidi e Hoewedes. Un sestetto di “new entries” ben assortito e di valore tecnico indiscutibile e che all’incirca è andato a sostituire l’uscita di Dani Alves, Neto, Bonucci, Mandragora, Rincon, Lemina e Kean. Delle trattative intavolate, manca solo il buon fine del “tira e molla” con l’Atalanta per Spinazzola e la conseguente uscita di Asamoah, direzione Bosforo. Non è il luogo opportuno per analizzare lo scempio orobico, passiamo oltre. Cediamo al campo, unico e vero giudice di ogni realtà pallonara, l’ardua sentenza circa validità o meno del mercato estivo juventino.
Il vero capolavoro della dirigenza bianconera resta, a prescindere da ogni valutazione, l’aver resistito alle sirene anglo-spagnole. Marotta e c. non hanno sfaldato il cuore della squadra per incassare palate di euro e la tentazione era concreta, alla luce di una pista pericolosa assai, aperta da Neymar e battuta da Mbappé. La Juventus non è una società che vende, ora sappiamo che non è solo un mantra da ripetere come litania, ma una verità che pesa addosso ai concorrenti (affaccendati in esercizi di finanza creativa!) e soprattutto in faccia alle schiere di taluni tifosi diffidenti, in malafede e con la puzza sotto il naso. Schiere di cui la Juventus e tifoseria “altra” sanno bene di poter fare a meno. Alex Sandro, ben più forte di Zappacosta, a buon intenditor…, è restato a Torino, per sua volontà e per soddisfazione dei compagni e dei dirigenti. Dybala non solo non è stato ceduto, ma si è anche accollato il peso di un numero che sulla sua maglia rappresenta la gloria e la storia della Juve.
Poteva diventare l’ennesimo mercato di sconquasso e di rivoluzione. Si sta rivelando invece per quello che era l’obiettivo iniziale: il rafforzamento di una compagine già forte. Ad una prima e sommaria analisi, ogni reparto pare omogeneo, anche se il centrocampo tradisce qualche riserva, più per resistenza fisica dei componenti che per valore degli stessi. Sono arrivati giovani interessanti e campioni esperti, uno sguardo al presente ed uno al futuro.
Un voto? A ciascuno di voi la discrezionalità più ampia possibile: tanto i voti non li danno neppure più a scuola!
This post was last modified on 1 Settembre 2017 - 11:39