Va sempre così, ormai: da anni e, presumiamo, ancora per anni. Ogni estate, rigorosamente italiana, è accompagnata da un leitmotiv: “La Juve si è indebolita”. (Con varie ed eventuali variazioni, più o meno pertinenti).
È vero? Difficile dirlo a priori. Ma una squadra che vince in Italia da sei anni, arriva due volte in finale di Champions League in tre stagioni e acquista sia Douglas Costa che Bernardeschi pare tutto tranne che indebolita. Poi, certo, è il campo a parlare: ma non d’estate, tanto più se a luglio.
La partita con il Barcellona, dopo una manciata di giorni di preparazione, deve essere presa per quello che è: un’ottima mossa di marketing. E una buonissima occasione per mettere minuti nelle gambe, contro un avversario europeo. Basta, niente di più e, soprattutto, niente isterismi.
La Juve avrebbe preso comunque il secondo gol di Neymar, anche con Bonucci: perché lui, il brasiliano, è un fenomeno e le gambe, dei difensori, sono ancora imballate. I bianconeri, poi, non avrebbero potuto molto di più nel secondo tempo: la condizione fisica è quella che è.
Difficile digerire una sconfitta, certo, ma bisogna contestualizzare gli eventi. Altrimenti si rischia di finire nel girone dei “campioni d’agosto”, che – puntualmente – a maggio si sciolgono come neve al sole. La Juventus non c’è mai stata e, forse, è uno dei segreti del suo successo.
Sia chiaro: la cessione di Bonucci è molto pesante. (Lo è meno quella di Dani Alves, ma tra poco ci arriviamo). Leo era – più in passato di oggi, forse – uno degli uomini-chiave della Juventus: ha sempre dato il massimo, in campo e fuori.
Molto probabilmente, però, il suo ego ha superato la dimensione collettiva: questo, in casa bianconera, è un peccato mortale. Lo dimostra, alla fine, anche il caso Conte – e le analogie tra le due vicende, volendo, ci sono.
È finito un ciclo leggendario, quello della BBC, ma non si è sempre detto che la forza della difesa bianconera era il collettivo? Se sì, considerando che comunque rimangono quattro grandissimi interpreti, non c’è motivo di disperarsi.
E non ce ne sono neanche per quanto riguarda la partenza di Dani Alves. È stato fondamentale per arrivare in finale di Champions, ma praticamente da ala. Non ha mai convinto in difesa e, soprattutto, è sempre apparso un corpo estraneo alla tradizione bianconera.
Qualche mese da top non cancellano una stagione poco convincente. Magari, tra l’altro, chi ora si lamenta della sua cessione era tra chi voleva mandarlo via dopo i primi mesi bianconeri. Dire che la difesa sia peggiore per la sua partenza è una fake news.
Insomma: se pensiamo a dove ha reso meglio Dani, al suo posto è arrivato Douglas Costa. (Senza considerare Bernardeschi e chi già c’era prima). Non male, per una squadra che si è indebolita così tanto.
La vera mancanza, che dovrà essere colmata, è a centrocampo.
Manca un centrocampista dinamico, quello che era Marchisio qualche anno fa, che dia fisicità al reparto. Khedira e Pjanić, e lo stesso Claudio, danno qualità, geometria, tatticisimi: ma la mancanza di atletismo si fa sentire.
È arrivato Bentancur, sì, ma l’uruguayo – per sua stessa ammissione – è simile al bosniaco, anche se con strutture fisiche diverse. E lo stesso Mandragora, che potrebbe andare al Genoa (o al Verona), sembra un profilo diverso da quello che serve ai bianconeri. (Oltre al fatto che da difensore centrale potrebbe avere un buon futuro).
Emre Can può essere una soluzione interessante, sia per qualità che per prospettive. Ha 23 anni, un ottimo bagaglio di esperienza internazionale e ancora ampi margini di miglioramento. Inoltre, il mercato non offre molto di meglio – e Paratici stravede per il tedesco: una garanzia.
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Se dovesse arrivare anche lui, ipotesi tutt’altro che remota, la Juventus potrebbe dirsi ancora indebolita? Forse sì, per qualcuno, ma l’importante è che sia sempre la stessa storia. Fino alla fine.
This post was last modified on 27 Luglio 2017 - 01:58