DELUSIONE
Sono i giorni del rimpianto, questi. I giorni in cui si accavallano i pensieri, in cui si pensa ai se e ai ma. I giorni in cui l’irrazionalità sfrenata dettata dalle ragioni del cuore sovrastano inesorabilmente la razionalità, che poi deve essere il motore di un processo di ”rinascita”. Beninteso: la rinascita in questione potrebbe avere il sapore di esagerazione, ma sa di quell’esagerazione che appartiene ai vincenti, a coloro che non si accontentano mai. Perché se è vero che sono i perdenti a gioire delle sconfitte altrui, è anche vero che i vincenti devono fare di tutto per non dare modo agli altri di poter esultare per successi che non gli appartengono.
LA PERDITA DI CERTEZZE
Questa volta ha fatto male, più male del solito. La squadra e il popolo bianconero a Cardiff hanno subito una coltellata, dritta nel cuore (a cui poi si è aggiunta quella, forse ben più grave, di Torino). Sembrava la volta buona, ecco perché forse è stato così doloroso. Nel 2015 la sconfitta bruciò, ma non a questi livelli. In fondo c’era la consapevolezza che ci si trovava solo all’inizio di un processo di crescita che sarebbe terminato di lì a qualche anno, e che tutto ciò che si era raggiunto era un surplus in termini di guadagno economico e sportivo. Sabato è sembrata riproporsi la stessa situazione del 1983, quando la Juventus perse 1-0 contro un Amburgo che arrivava con gli sfavori dei pronostici. Non che il Real Madrid arrivasse all’appuntamento sfavorita, anzi, era l’avversario certamente più ostico da incontrare in una gara secca. Tuttavia la Juventus si era imposta durante il proprio cammino come la squadra in grado di poter arginare qualsiasi pericolo grazie al proprio reparto arretrato, per poi colpire al punto giusto con i propri talenti, lì avanti. Paradossalmente a Cardiff il Real Madrid ha fatto la Juventus, arginando – nel momento decisivo della gara – con i propri centrocampisti e i propri difensori qualsiasi iniziativa avversaria e colpendo con i propri fenomeni alle prime occasioni utili. Il crollo delle fondamenta, incarnate in quella sensazione di imbattibilità che la squadra di Allegri, nel suo assetto tipo, era riuscita a trasmettere, è la vera fonte di un contraccolpo psicologico che, allo stato dei fatti, può minare quanto di buono fatto finora. Le certezze su cui si era basato il cammino della Juventus, sgretolatesi in maniera lenta e inesorabile, devono, quindi, essere la cenere da cui far avviare quel processo di rinascita di cui sopra.
COME RIPARTIRE?
Prescindendo da un doveroso riposo per poter ricaricare le batterie in vista di un’altra stagione ad altissimi livelli, il lavoro dell’allenatore si fa determinante. Allegri dovrà, come presupposto strutturale, restare alla guida di un gruppo che egli stesso ha plasmato e che senza la sua presenza si troverebbe in grandissima difficoltà. Il tecnico livornese dovrà farsi traghettatore di una squadra che sotto il profilo psicologico ha dimostrato di non avere ancora la tenuta adeguata per poter sostenere per novanta minuti il peso di una finale e che si presenterà al ritiro estivo con il morale sotto i piedi per non essere riuscita a centrare l’obiettivo più ambito. Dovrà lavorare sui punti deboli del gruppo e sulla definitiva crescita di ragazzi che dovranno diventare la nuova colonna portante della squadra. I senatori stanno invecchiando e sarà difficile per i vari Barzagli, Chiellini e Buffon continuare a sostenere il peso di tre competizioni mantenendo prestazioni superbe. In generale, però, la squadra, nei suoi effettivi titolari, consta di troppi over 30, circa 8/11, cosa che rende necessario uno svecchiamento istantaneo. Per ovviare al problema vi dovrà essere il supporto di una dirigenza che coadiuvi perfettamente le esigenze del mister, operando scelte di mercato oculate, così da ringiovanire la rosa, mantenendone alta la qualità. Gli innesti dovranno essere fatti a centrocampo, dove non vi sono ricambi di qualità per competizioni continentali, e in attacco, lì dove la coperta si fa particolarmente corta.
Per uscire dall’oblio di una maledizione che non sembra trovare una via di fuga è necessaria comunità d’intenti. Le sensazione sono positive, d’altra parte Allegri (che ha rassicurato i tifosi sulla sua permanenza) ha sempre abituato ad imprese fuori dall’ordinario, e prima o poi verrà riempito quel tassello mancante che impedisce di alzare quella coppa stregata. E se le sensazioni danno parvenza di positività, la speranza, invece, è quella di poter arrivare a questo traguardo il prima possibile, per poter consegnare all’ultimo romantico del nostro calcio, Buffon, l’unica soddisfazione che manca nella sua già stracolma bacheca.
Vincenzo Marotta