“Noi siamo gli immortali”

Il fischio finale dell’arbitro è arrivato, la festa è iniziata. Continuerà per un po’, poi si fermerà: ci sono altri obiettivi da raggiungere. Nello spogliatoio bianconero, idealmente, si è radunato un gruppetto ristretto della rosa, formato solo da sei uomini. Stanno cantando, saltando ed esultando, intonando una canzone di Jovanotti. “Noi siamo gli Immortali” – cantano. E hanno ragione. Loro, infatti, sono entrati nella leggenda più degli altri: dal primo all’ultimo scudetto, ci sono sempre stati. Hanno visto cambiare i propri compagni, il proprio allenatore, ma nulla è cambiato. Il contorno non è mai contato, loro hanno rappresentato il nucleo, il nocciolo e hanno preso per mano tutti gli altri componenti della squadra verso qualcosa di unico, irripetibile, impensabile. I sei di cui stiamo parlando sono Gianluigi Buffon, Andrea Barzagli, Leonardo Bonucci, Giorgio Chiellini, Stephan Lichtsteiner e Claudio Marchisio.

LICHTSTEINER

Pendolino svizzero indissolubile. Quando parla, lo fa con quell’accento romano, imparato durante l’esperienza laziale. Ma da anni, juventino vero, dentro. Certo, non sono mancate le scaramucce, come quando quest’estate stava per andare via. Ma in un amore, i litigi sono all’ordine del giorno. Nella prima stagione in cui ha perso il posto da titolare, Stephan non ha mai detto una parola fuori posto, anzi: è stato il primo a spronare la squadra verso la vittoria, il primo a esultare per i gol dei compagni, soprattutto se a segnarli era il suo rivale di reparto. Un grandissimo uomo, prima di essere un sublime calciatore. Ha accompagnato la Vecchia Signora verso la leggenda non mollando mai, come ha fatto sulla fascia dal 1’ al 90’. D’altronde, cos’è stata questa grande cavalcata se non una corsa irrefrenabile?

MARCHISIO

Quando leggi il suo nome, lo associ al bianconero. Non è un calciatore qualunque, Claudio: rappresenta in toto lo stile Juve. La sua classe nel parlare, nel vestire, nel presenziare, nel toccare palla fanno di lui un perfetto esempio di cos’è il bianconero in campo, fuori, nella vita. Il dolore per l’infortunio l’ha irrobustito: è diventato più forte, nel corpo e nella mente. Qualche difficoltà all’inizio, ma il recupero, seppur non rapido, c’è stato. Ora è tornato il Marchisio che tutti conosciamo: le sue geometrie, la sua fame, il suo desiderio. Di cosa? Di Juve, naturalmente. Perché il suo cuore ha un colore particolare, anzi due. E che vi diciamo a fare quali sono. Dall’età di 7 anni a Torino, ora ne ha 31: la maglia della Juve non è la sua seconda pelle, è la sua divisa di vita, che gli resterà appiccicata addosso per sempre, come l’evoluzione del suo viso, da giovane bambino a uomo vero, nel cuore di qualsiasi appassionato di Juventus. Le lacrime al momento della premiazione rispecchiano la sua natura: guerriero fuori, tenero dentro. Juventino nell’anima.

BBBC

Ognuno di loro meriterebbe un capitolo a parte, ma la realtà è che la loro unione crea un alone di magia. La muraglia cinese è una delle meraviglie del mondo moderno; la muraglia bianconera è e sarà patrimonio dello sport agonistico nazionale e mondiale in eterno. Il loro segno è oramai impresso a caratteri cubitali, in modo indelebile, all’interno della storia, della leggenda. Gianluigi Buffon, Andrea Barzagli, Giorgio Chiellini e Leonardo Bonucci. Sono tutti partiti dal basso, hanno tutti fatto la loro gavetta. Chiellini e Buffon, dieci anni fa, hanno vissuto la B con la maglia bianconera; Andrea Barzagli si è rimesso in gioco, quando è stato acquistato. Leonardo Bonucci è diventato il simbolo del bianconero: in pochi credevano in lui, ma ha fatto capire cosa significa raggiungere vette importanti grazie alla forza di volontà.

Confermarsi stagione dopo stagione, con il continuo fregio di miglior difesa d’Italia e molte volte anche d’Europa, sfornando prestazioni tali da far girare gli occhi a tutto il mondo non è da tutti. Soprattutto se lo fai per sei anni di fila. È da giocatori mostruosi, costruiti per vincere, come dei robot che non permettono il passaggio. Un muro leggendario. Una difesa invalicabile che ha trovato il totale affiatamento. Uniti meglio che da soli.
E fidatevi che non è facile: perché quando ti chiami Buffon, Barzagli, Bonucci o Chiellini il tuo nome viene prima da te, ma loro hanno fatto di più. Hanno creato qualcosa che va al di là del singolo calciatore. Quella che abbiamo scritto poco fa rappresenterà, forse, la filastrocca più amata dagli juventini del nuovo millennio. “Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini”: così i giovani bianconeri di oggi manderanno a letto i loro futuri figli, così gli adulti di oggi racconteranno ai loro nipoti che cosa significa leggenda.

EROI

Insieme hanno creato qualcosa di eroico. Quasi di mitico, se non fosse che questo tipo di narrazione prevede qualcosa di fantastico: non c’è nulla al di fuori della realtà in quello che è successo. I “Magnifici Sei” hanno avuto il super merito di creare un gruppo inossidabile, di mettere solide fondamenta nello spogliatoio bianconero. Mai una frattura, sempre compatti. Ora si godono il successo, la Juventus per sei anni si è goduta loro. Ma non è finita: c’è da concludere un cerchio, da entrare definitivamente nell’Olimpo degli Dei bianconeri, assieme a personaggi divini. Consapevoli di essere già immortali.

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