Chiudiamo gli occhi. Proviamo a utilizzare la mente come fosse una macchina del tempo, per tornare dritti a un anno fa: con una rovesciata straordinaria, Higuaín segna il terzo gol della sua partita e mette in maniera indelebile la propria firma nella storia della Serie A, raggiungendo il record di 36 reti in 35 gare, nonostante una squalifica di tre giornate – eccessive, probabilmente – rimediata in una gara contro l’Udinese. Una storia che sarebbe stata difficile da scrivere anche per un realista magico come il suo connazionale Jorge Luis Borges. Classe da numero diez, potenza da centravanti puro, determinazione, garra: in quel gol c’è la sintesi di tutte le qualità di Gonzalo.
Ci si potrebbe innamorare di lui. E, forse, la Signora s’era innamorata di lui, che in quel secondo necessario per quella giocata, ha dato tutto ciò che aveva. Com’è andata a finire è inutile raccontarlo ancora.
L’obiettivo della Juventus, con l’arrivo di Gonzalo Higuaín, è stato chiaro fin dal primo momento: ripetere le gesta della scorsa stagione sarebbe stato impossibile anche per un fenomeno come lui, ma Madama aveva bisogno di un cavaliere capace di essere decisivo nelle occasioni importanti. E il Pipa ci è riuscito senza troppi patemi d’animo. Dall’esordio con gol vittoria contro la Fiorentina, nelle vittorie importanti la sua firma non è mai venuta a mancare: all’andata con Napoli e Roma, al ritorno con la Lazio — senza dimenticare il movimento delizioso con cui ha liberato Khedira contro i biancocelesti portandogli via l’uomo —, ma anche con il Torino, in entrambe le occasioni. A questi, bisogna aggiungere le doppiette decisive con Empoli, Chievo, Cagliari e Pescara. Da solo, Gonzalo ha contribuito alla conquista di almeno 25 punti in campionato. Se guardiamo il rendimento in Coppa, poi, è impossibile non migliorare il bilancio: tre gol tra andata e ritorno contro il Napoli, due all’andata in semifinale di Champions con il Monaco, e anche con il Barcellona, pur non avendo scritto il suo nome sul tabellino dei marcatori, ci ha messo lo zampino, con un’apertura precisa per Cuadrado, mettendolo uno contro uno con Mathieu, in occasione del primo gol, mentre con un tacco al volo ha liberato Pjanic in occasione del secondo.
Chiamato per segnare, ma non solo. Higuaín in questa prima stagione ha svolto un lavoro per la squadra che, probabilmente, non effettua nessun calciatore al mondo. Fa sentire la sua presenza in area, aiuta la squadra a salire, ma spesso lo si trova anche a giocare da trequartista, come accadeva ai tempi del River, quando la prima punta era uno tra Farias e Figueroa. A tratti, per favorire Dybala in profondità, si sono viste azioni molto simili a quelle della prima Juventus di Allegri, con Morata sempre pronto a venire incontro al centrocampo per liberare lo spazio a Tevez. Emblematiche in questo senso sono la semifinale di ritorno con il Napoli, le gare contro il Barcellona al Camp Nou e allo Stadium con il Genoa, oltre alla semifinale d’andata con il Monaco: dalle heat map è possibile notare come Higuaín abbia arretrato in maniera efficace il proprio raggio d’azione, riuscendo ad adattarsi alla perfezione anche ad uno stile di gioco come quello bianconero.
Controllando le statistiche, è possibile notare una diminuzione di passaggi complessivi rispetto alla stagione precedente disputata con il Napoli (25.9 contro 19.4, dati WhoScored), ma a essere diminuita è la quantità di passaggi corti, non proprio una caratteristica peculiare del gioco della Juventus di Allegri, mentre è sensibilmente aumentata la quantità di passaggi lunghi totali effettuati in stagione (64 contro 44, con una netta diminuzione del margine d’errore).
L’impatto di Gonzalo Higuaín con la nuova realtà è stato impressionante. Al primo colpo ha già eguagliato il numero di reti di Trezeguet nel 2001-01, Del Piero nella stagione 1997-98, e Sivori nella stagione 1959-60 con 32 gol complessivi, e superato il numero di reti in una sola stagione di John Hansen, che nel 1951-52 segnò 30 gol complessivi, Fabrizio Ravanelli e Roberto Baggio, a quota 30 rispettivamente nelle stagioni 1994-95 e 1992-93, John Charles, a quota 29 nelle stagioni 1957-58 e 1959-60, Michel Platini, anch’egli a quota 29 nella 1984-85, e Giampiero Boniperti, autore di 28 reti nella stagione 1950-51. (Fonte dati: MyJuve.it)
Considerando i gol segnati tra campionato e coppe alla stagione d’esordio, invece, secondo i dati rilevati negli anni da MyJuve.it, ha doppiato i gol messi a segno da Ibrahimovic e Trezeguet, entrambi a quota quindici; e fatto meglio di Tevez, Vieri e Inzaghi, autore di 27 reti in 46 gare nella stagione 1997-98; Vialli, con 13 gol in 40 partite; Fabrizio Ravanelli, Alessandro Del Piero e Totò Schillaci; Roberto Baggio, a quota 27; Michel Platini, autore di 28 reti in 52 partite nella stagione 1982-83; Ian Rush, Zibì Boniek e Paolo Rossi, che alla prima stagione disputata per intero in bianconero ha messo a segno 18 reti in 43 partite; Bettega, con 22 gol in 46 partite nella stagione 1970-71; Boniperti, che considerando come prima stagione la 1947-48, mise a segno 27 gol in 40 gare; Karl Aege Hansen, che nella stagione 1950-51 segnò 24 gol, e Felicino Borel, che nella stagione 1932-33 segnò 30 gol. Meglio di lui Ferenc Hirzer, che nel 1925-26 concluse la stagione con un record di 35 reti in 26 gare. E con un solo gol, potrebbe essere il primo calciatore a raggiungere quota 25 gol in Serie A dal 1961. Il suo predecessore? Argentino, ha indossato la camiseta numero 10 del River e ha giocato sia nella Juventus sia nel Napoli, pur percorrendo la tratta in direzione inversa. Il nome, ovviamente, è Omar Sivori, l’Angel con la cara sucia.
This post was last modified on 21 Maggio 2017 - 21:15