Se oggi oso definirmi un calciofilo a tempo pieno, un pallonomane come si deve, è perché, nel mio percorso di crescita, ho incontrato la figura di Del Piero. Figura, sì, non solo calciatore, perché l’aver partorito determinate idee, l’assumere determinati comportamenti nella vita quotidiana e il pronunciare tutte le mie frasi in una certa maniera provengono anche dalla fortuna di aver scelto proprio lui come esempio: l’uomo giusto per farmi passare dall’acerba giovinezza ad una prima forma di maturità. Alex è stato, insieme a pochi altri (mi vengono in mente i soliti noti: Totti, Baggio, Maldini e Zanetti), una sorta di vate per la popolazione dei tifosi italiani. E non me ne vogliano i grandi poeti della storia: non mi sto affatto comportando in modo blasfemo.
LA CALMA È LA VIRTÙ DEI FORTI
Del Piero ha saputo vincere, dall’alto della sua innata classe, ma ha saputo anche perdere. Ha saputo soffrire e stringere i denti quando la vita lo ha voluto mettere di fronte a problemi serissimi: la morte del padre sopra ogni altro evento, ma, prim’ancora, cronologicamente parlando, il terribile infortunio al ginocchio. Ha saputo sempre resistere alle provocazioni: Soviero lo schernì toccandosi l’orecchio destro, Cufré gli rifilò persino una sberla. E lui? Due risposte da campione. E da gran signore. Gol dell’1-0 decisivo nel ritorno contro la Reggina e un pollice alzato verso il difensore della Roma. Senza perdere le staffe, perché non ce n’era bisogno: la calma è la virtù dei forti.
QUELLO CHE RAPPRESENTAVA
Alex, più di ogni altra cosa, ha sempre saputo gestire quello che rappresentava. Per la Juventus, per i suoi tifosi e per tutti gli spettatori. Lui era il capitano della società più gloriosa d’Italia: sapeva benissimo di dover essere continuamente al centro dell’attenzione. E allora perché esporsi in modi non esemplari? Si è sempre voluto rivolgere al suo pubblico più tenero, se vogliamo: attrarre bambini a sé e al mondo del calcio in toto è la più grande vittoria che avrebbe mai potuto ottenere. E, a quei bambini, Alex non ha voluto rovinare il sogno di indossare la maglia numero 10 della Juventus: così come lui, da piccolino, ha sognato di ricevere questo “premio”, è giusto che anche altri possano coltivare questo piccolo desiderio.
Del Piero ha influenzato tante, tantissime generazioni: ogni padre innamorato di lui ha trasmesso, quasi commosso, la passione al figlioletto che si approcciava, timidamente, al mondo del calcio. E che magari adesso rimane a giocare sotto casa calciando le punizioni con la stessa rincorsa e con lo stesso effetto del suo idolo. Pensate che lui ha imparato i trucchi del mestiere giocando, in casa, con una pallina da tennis e usando le sedie come avversari…
E allora non possiamo che ringraziare quelle sedie e quella pallina per averci fatto ammirare capolavori come la punizione al Monaco, le palombelle in Champions League contro Borussia Dortmund e Steaua Bucarest, le punizioni contro Zenit e Roma e la magia contro l’Inter. Con tanto di linguaccia. Ah, quella linguaccia! Mai nessun’altra esultanza sarà più amata di questa dai tifosi bianconeri. Capolavori di Del Piero, sì, ma “alla” Del Piero. Pochi altri grandi della storia possono vantare di avere il loro cognome associato ad una giocata.
IL MOMENTO PIÙ STRUGGENTE?
Non ho visto poche partite di calcio nella mia vita, anzi. Devo dire, però, che il momento più emozionante in assoluto fu quello del suo addio alla Juventus, il 13 maggio del 2012. Tutto estremamente suggestivo, vista la splendida cornice in cui si realizzò (il nuovo Juventus Stadium): sembrava tutto già scritto, come in una bellissima fiaba a lieto fine. Alex segna, Alex si fa male, Alex lascia il posto a Pepe. “È arrivato il momento“, dice Fabio Caressa in telecronaca. E tutti, ma proprio tutti i suoi tifosi, scoppiano in lacrime. Piangono i bambini che è riuscito ad avvicinare al mondo del calcio, piangono le donne che hanno “sopportato” i loro mariti imprecare dinanzi alla TV, piangono i più anziani, che stanno salutando un corposo pezzo della loro vita calcistica.
E lui ringrazia, eccome se ringrazia. Si concede un interminabile giro di campo, raccogliendo tutte le sciarpe che i tifosi gli hanno voluto regalare. L’ultimo atto, però, è il più rappresentativo: proprio come un eroe, Del Piero sale in piedi sulla panchina bianconera e alza le braccia al cielo, con il gesto della “V” su entrambe le mani. Apoteosi totale.
Sai, Alex, da quando tu non riempi più le nostre domeniche, il calcio italiano non è più lo stesso. E non è retorica, anzi. Ci sentiamo tutti davvero vuoti: una bandiera, un esempio, una guida, un personaggio così influente non si sostituisce facilmente. Anzi, non si sostituirà mai.
Ti voglio bene, anche se non ci conosciamo…
Un tuo mai domo tifoso: Angelo G. Abbruzzese