Di sostanza. Allegri se la gioca così, senza badare troppo al particolare, al bello, all’estetica che non serve. Non una questione di ‘circo’, ma un appello al cinismo: questa squadra può andare avanti anche così, quasi d’inerzia.
E allora: fuori Pjanic e Marchisio, dentro Rincon. E Sturaro alto, con Mandzukic centravanti e Higuain in panchina. Come? Sì, il giocatore più impiegato della stagione si accomoda. Ci sono altre sfide in serbo per lui.
Miha, dal canto suo, tiene botta: lo specchio è pronto a riflettere i muscoli della Juve. E Ljajic, mai come stavolta, è chiamato ad un doppio lavoro di istinto e sacrificio: è che su Dybala, in teoria, dovrebbe starci lui. Ma pure in pratica.
Dybala ha l’interruttore della gara. Tutto il resto si compone di due fasi: gli uno contro uno ed un’ossessione compulsiva per i calci piazzati. La Juve sa bene che il Toro si può colpire lì, e lì lo si può ‘distruggere’. Tant’è: l’occasione di Benatia (e poi di Bonucci) ha del clamoroso. Così come il senso della posizione e del match di Rincon: nel mezzo, el General è attento e spietato, preciso e mai banale. Ecco: Cuadrado non è che lo segua alla perfezione. Il colombiano, infatti, ha un primo tempo da farsi perdonare e un Molinaro da inseguire.
Ma la Juve 2.0 ha fasi e giocate da prima della classe, in ogni caso. E un modulo che, nonostante le assenze forzate, non cambia: quasi come se fosse un’imposizione bella e buona.
Non è un’imposizione la partita di Dybala, che fino al vantaggio granata svaria e tiene l’attacco saldo nelle sue folate. Con Mandzukic, è intesa a mille all’ora. E la storia non cambia con l’ingresso di Higuain e lo spostamento del croato nuovamente a sinistra, alto.
Per il Toro, tutto cambia con l’espulsione – ingiusta – di Acquah per somma di ammonizioni: Ljajic si alza a sinistra, Iago Falque a destra. Il 4-2-3-1 con cui Mihajlovic aveva ingabbiato la Juve, diventa allora un 4-4-1 con il solo Belotti come riferimento avanzato. I granata sfruttano dunque fase difensiva e Benassi, entrato presto per Boye. Mentre la Juve, con poco da perdere, alza baricentro e chiama Rincon ad infiltrarsi tra le maglie della difesa torinista.
Due linee, una accanto all’altra. È così, a mo’ di scacchiera, che il Torino sceglie di difendersi da una Juve arrembante ma sprecona, decisa ma disordinata. Obi rileva Baselli, dando più fluidità e forza a centrocampo; per i bianconeri, la qualità di Pjanic cerca di fare la differenza. Il finale è un assolo juventino, con i granata stremati e chiusi a riccio. Un modus vivendi che funziona: alla fine, le barricate hanno la meglio su tratti di gioco. Ma non su Higuain: e quale analisi tattica può tenere, davanti ad un fenomeno del genere? Palla alla Roma, comunque. A Torino, il derby è stato il solito spettacolo di ripartenze e risultati mai scritti.
crico
This post was last modified on 7 Maggio 2017 - 09:18