E forse era scritto, forse lo è proprio tutto. Forse qualcuno sapeva già: perché in certe sere vanno illuminate determinate stelle, e solo quelle. Forse meritava una notte così, il Barcellona. Dopo una Juve selvaggia, dirompente, enormemente fastidiosa. E forse meriterà anche la Liga a fine anno: ma quella è ancora da sudare, vivere, giocare, riagguantare. Quel ch’è certo però resiste: questa squadra non ha terminato nessun ciclo, non s’è inventata nessuna crisi. E ancor meno ha esaurito la fame.
QUESTIONE DI SCHIAFFI
Chissà se il doppio confronto con la Juventus ha saputo dare lo schiaffo giusto per ripartire. E chissà se questo Clasico avvalora i bianconeri, o semplicemente si tratta di due partite vissute e giocate in maniera profondamente diversa. Rivedendo però le immagini del Camp Nou di mercoledì, la sensazione è che la Juventus abbia fatto l’unica partita in grado di spegnere una fiamma spesso indomabile: l’ha giocata d’anticipo, di testa, di nervi. E poi ha concluso badando al particolare col piglio giusto: senza strafare, ma con attenzione. Il Real ha aperto, poi s’è allagato: ché in fondo, questo Barcellona resta comunque una macchina da gol e sogni, da giocate e imprese. Con qualche giorno di ritardo, la remuntada è arrivata. È arrivata a chi gliel’ha permessa, però.
MAI STATO IN CRISI
Chi ha visto il ritorno dei quarti di finale – e chi non è allo stesso tempo in malafede -, ha potuto fondamentalmente constatare un concetto: i blaugrana non perdono mai determinati meccanismi, per quanto la partita possa farsi dura, per quanto il tempo possa scorrere inesorabilmente. Messi inventa e stravolge il gioco, con i suoi compagni bravi ad innalzarsi a supporto migliore che possa pretendere: perché poi non perde mai di talento, la Pulga. E l’ambiente n’è consapevole. Anche nelle serate no, risparmiare i momenti di puro calcio non esiste.
Dunque, come chiudere il suo personalissimo cerchio? Con intelligenza, perseveranza. Scandendo bene gli attimi e gli istanti della partita. Suddividendoli in quelli giusti e sbagliati per determinati interventi. Chiudendoli e ‘affogandoli’ nel loro stesso continuo, perpetuo, stizzente giropalla. Lasciarli senza meta, in un oceano di passaggi, era quanto il libro del calcio contrassegnava come medicinale perfetto contro un club che non muore mai. Che non morirà mai. Almeno finché quel 10 giallo su camicetta blaugrana continuerà a dettare tempi e leggi. Almeno fin quando arriverà ancora un allenatore toscano, con un gruppo di sognatori ai suoi ordini, pronti a chiudere leggende e spazi agli extraterrestri più umani che ci siano.
Da Madrid, per la Juve, l’ennesima dimostrazione: questa Juve non è come le altre. E forse era scritto anche questo, e forse lo è proprio tutto.
Cristiano Corbo