Allegri l’aveva definita “la partita da cui passa lo Scudetto” e la sua Juve non ha sbagliato. Un 4-0 sonoro e pratica Genoa archiviata definitivamente nella zona dimenticatoio assieme alla debacle dell’andata. Quel che è sempre più chiaro ed acclarato è che la squadra non può più fare a meno del suo uomo fondamentale, nel gioco e nelle statistiche: Mario Mandžukić.
Alla luce dei gol realizzati fino ad ora dall’attaccante croato, l’affermazione potrebbe sembrare quasi utopistica. Sono solo 8 i gol stagionali tra Serie A, Champions e Coppa Italia contro i 13 complessivi della passata stagione. Vero che mancano ancora otto partite (i tifosi juventini sperano nove, in caso di finale di Champions) ma quel che è certo è che “l’ariete” è meno bomber rispetto ai suoi standard. Tuttavia i numeri sembrano rasserenare comunque il popolo Juventino: quando Mandžukić segna, la Juve vince. Una statistica curiosa che rende l’attaccante un vero e proprio amuleto e che sicuramente non capita casualmente. La presenza del numero 17, d’altronde, è sempre fondamentale.
Non è un caso, infatti, se anche stasera Mandžukić appare ancora tra i migliori in campo. Gol a parte, sullo scacchiere iniziale partiva esterno alto di sinistra alle spalle di Higuain anche se, di fatto, si è ritrovato spesso e volentieri a fare il terzino destro alla Claudio Gentile nel mondiale dell’ ’82. Una partita sontuosa arricchita da un gol di pregevole fattura, imparabile per Lamanna, culminata col cambio al minuto ’83. Una sostituzione che ha una doppia finalità: l’inserimento del grande ex Sturaro e la standing ovation per l’attaccante croato, il regalo di Allegri per un’altra ottima partita. Un difensore aggiunto che ricorda quel Samuel Eto’o dell’Inter di Mourinho. Il camerunense, dopo aver vinto la Champions col Barça grazie ai suoi gol, nell’anno del triplete ha dato un contributo fondamentale alla squadra facendo il terzino aggiunto. Che sia di buon auspicio questo paragone?