Jardim è uno che sa cambiare, che sa farlo in corsa. Che sa snaturarsi per diventare quanto di più naturale, normale e ottimale si possa fare. Che sa vincere, sa convincere, sa prendere da parte l’inesperienza e trasformarla in sana arroganza. Spesso, in una spensieratezza in grado di rendere tutto lecito. E quindi tutto magico. E allora tutto imprevedibile.
Diciott’anni e un’aria da signore del calcio, che poi gli sta come il vestito della domenica, come quella camicia che aspetti d’indossare quando finalmente quella giusta accetta il tuo invito. Mbappé non sa di essere un fenomeno: è stato il mondo ad incoronarlo tale. Un po’ come accadde con Henry, l’uomo e l’anima calcistica a cui s’ispira, a cui più assomiglia. A cui più si può accomunare in termini di crescita fisica e mentale: forse anche grazie a lui, Radamel Falcao è ritornato dai fasti del passato e s’è rimesso in gioco. A lavorare, per la squadra e con la squadra.
L’attacco del Monaco non è che sembri devastante: lo è. Punto. E si fa scudo tra le grandi con il talento e la continuità imbarazzante di Bernardo Silva, di Lemar, di Sidibé. E poi c’è Mendy: uno da ‘prova a prenderlo, se ti capita’.
4-4-2, pure all’italiana. Con varie licenze di offendere, chiaro: tra Silva e Lomar che sono difatti esterni d’attacco con i soliti compiti di ripiegamento. Oh, e poi lì dietro li conosciamo tutti: Sidibé e Mendy sui rispettivi out sono imprevedibili, ma Glik e Raggi (o anche Jemerson) rappresentano un vantaggio non da poco per Higuain e compagni. Non è sottovalutare: è constatare. Perché dall’alto del primo posto e dei novanta gol messi a segno, il Monaco resta una squadra che concede, che la trazione non riesce a modificarla in pieno.
È una questione di tecnica, la loro. Sopraffina per molti versi, da rivedere in alcuni frangenti. Un esempio? Molto del loro gioco passa dai due terzini, spesso altissimi: è qui che potrebbe inserirsi la furbizia di Mandzukic e Cuadrado. Che sul giropalla avversario potrebbero andare in difficoltà, ma non sulle schiarate di Moutinho, giocatore mai di rimessa e sempre di profonda riflessione. Spesso, pure troppa.
È la Champions dell’accortezza, della testa, della lucidità. Se al Camp Nou è servita a sventare una minaccia costante, tra andata e ritorno con i ‘Principi’ francesi ce ne vorrà altrettanta per evitare il brutto scherzo dei ragazzini. I quali, arrivati a questo punto, hanno zero da perdere e una quantità industriale di sogni da guadagnare. Ecco, un primo punticino nel mentre l’han già fatto: mancherà Khedira. Sarebbe servito come il pane in termini di equilibrio, come divoratore d’entusiasmo altrui.
Ma non c’è da disperare: l’importante è proseguire nello scegliere in modo corretto. Un po’ come ha fatto la pallina: buon derby ai madrileni, sì. Ma il match dei sognatori sarà tutt’altra storia.
Cristiano Corbo
This post was last modified on 22 Aprile 2017 - 13:27