Non è facile integrarsi in un contesto come quello della Juventus, soprattutto se il tuo nome è Miralem Pjanic. Sì, perché vieni dalla Roma – rivale bianconera – e i tuoi ex tifosi ti ritengono colpevole di tradimento; perché vieni per colmare una lacuna a metà campo lasciata dai vari Pirlo, Vidal, Pogba. Le aspettative sono state sempre molto alte per il bosniaco, che è stato ritenuto, nel primo periodo, un flop di calciomercato. A poco più di un mese dalla fine della stagione, possiamo confermare che avevano ragione tutti: a partire da Marotta, passando per Allegri, finendo, proprio, per Pjanic.
Allegri gli ha plasmato questo ruolo, nel 4-2-3-1, che sembra fatto a pennello per lui. Perché Miralem sa allacciarsi, contemporaneamente, due paia di scarpe: quelle eleganti, classiche, che gli permettono il tocco leggiadro e leggero della palla, per farla passare da un lato all’altro del campo, cambiando gioco e aprendo per i compagni; ma anche quelle sporche di fango, che usa per affondare il tackle, strappare i palloni agli avversari e portare il possesso dalla parte bianconera.
D’altronde, anche i numeri rappresentano la doppia essenza del bosniaco: 2 occasioni create e il 100% dei dribbling riusciti si combinano e combaciano perfettamente con i 6 tackle riusciti, i 5 intercetti e i 2 duelli aerei vinti. A tutto tondo, a tutto campo, a tutto Pjanic.
C’era chi, a inizio anno, lo reputava spaesato. Non aveva trovato la giusta collocazione in mezzo al campo. Da quando si è passati al nuovo modulo, Pjanic è diventato il faro in mezzo, al campo, la luce della mediana che deve mettere in moto i quattro tenori là davanti. È la vertebra centrale, forse la più importante, della spina dorsale bianconera, che parte da Leonardo Bonucci e finisce a Paulo Dybala, passando, appunto, per il bosniaco. Così, tutte le volte che l’azione deve partire, il pallone passa dai suoi piedi: è lui a decidere se attaccare la profondità centralmente o verso l’esterno, a cambiare gioco la maggior parte delle volte e a prendere il pallone quando gli altri non sanno cosa fare. La sua abilità a giocare nello stretto, inoltre, gli permette di uscire fuori anche da situazioni molto districate.
Un regista silenzioso: quando non gioca, si sente tanto. La manovra risulta più macchinosa e il collegamento difesa-attacco è più complicato. Allegri, a inizio anno, lo disse: “Davanti alla difesa può essere uno dei primi 3 al mondo”. A inizio anno sembrava aver desistito. Ora, invece, il campo gli dà ancora una volta ragione. Perché Pjanic c’è, ed è fondamentale per questa Juve.
This post was last modified on 20 Aprile 2017 - 12:31