Le idee, i pensieri, le speranze. Quelle fantastiche, sensazionali. Che si insinuano nella mente, lentamente. E tormentano, e stimolano, ed è tutto un vortice di emozioni e sentimenti. Quelle che non ti fanno dormire. Che costruisci mattoncino dopo mattoncino, fino a diventare veri e propri grattacieli. La consapevolezza di potercela fare. Di essere forti, coraggiosi e temuti, anche. E di gridarlo a tutti, senza paura. Anche in faccia ai Marziani blaugrana. Perché, per essere i migliori, ci vuole un pizzico di incoscienza, sempre. E di follia, anche.
Notte di sogni, di coppe e di campioni, cantava Venditti. Notti che saranno a tinte bianconere. Si, perché la Juve c’è. Il suo posto nell’Olimpo del calcio lo ha meritato, lo ha sudato, lo ha immaginato e se l’è conquistato. E ora di scendere tra i comuni mortali non ne vuole sapere. Simili a degli eroi, ora più che mai.
GLI OCCHI DELLA TIGRE
Una vendetta arrivata a distanza di non molti anni. Un risultato tanto meritato, quanto, sulla carta, clamoroso. Un 3-0 totale che non dà alibi, né scampo. Che cambia le gerarchie e riscrive la storia. Una dimensione europea ritrovata. Più densa e radicata, forse, anche di quella precedente. Lo si capisce dagli sguardi dei protagonisti. I famosi occhi della tigre. Dentro c’è tutto: passione, tenacia, ostinazione, adrenalina. Lo si capisce dalle loro gambe, che non tremano dinanzi ai quasi centomila del Camp Nou. Dai sorrisi sui loro volti. Dalla lucidità di ogni singola giocata. Dalle strette di mano, dalla classe, dalle urla, dall’orgoglio. Sconfinato e meraviglioso.
E allora si pensa in grande. Sarebbe, anzi, un peccato non farlo. Perché grande, immensa è la qualità, la forza, il cuore di questi ragazzi. Lo spirito di questo gruppo. Che vive nel presente, ma è sempre proiettato al futuro, per un posto indelebile nella storia. Ora, dove la scaramanzia tace, gridano i sogni. E lo fanno a voce altissima. Senza indugio. Con fierezza.
SOTTO A CHI TOCCA
Sotto a chi tocca. E non è presunzione, ma presa di coscienza, convinzione dei propri mezzi. Si tratta di certezze quantomeno importanti. Di attese infinite (e ingiuste), di rivalsa e voglia di sorprendere. Perché Messi, l’extraterrestre per eccellenza, non ha mai tirato verso Buffon (un altro che di umano ha davvero poco). Perché le lacrime del brasiliano Neymar sono emblematiche, significative: lacrime di frustrazione, rassegnazione, forse, mortificazione anche. Perché il “vampiro” Suarez niente ha potuto (senza usare i denti) contro un monumentale Giorgio Chiellini. Perché questo non è un miracolo. Non deve esserlo. Deve essere, anzi, normale amministrazione. Una realtà nella quale i bianconeri si sono calati con maestria e che non intendono abbandonare. Questa, è giusta ed equa conseguenza di anni bui lasciati alle spalle, di programmazione, ricostruzione e sogni nel cassetto, che non sono mai mancati.
Allora, sotto a chi tocca. Perché questo è spettacolo puro. Questa è sublime interpretazione di un calcio, quello italiano, che non è mai morto e che dice ancora la sua: anche a livelli altissimi. Questa è una squadra meravigliosa e affamata, di vittorie e di gloria. Allora risuonano come musica classica le parole del capitano nel dopopartita: “Un altro pezzo di storia è stata scritta. Ma la più bella è sempre quella che dovrà essere ancora raccontata…”. Hanno un tono dolce e spavaldo quelle di Bonucci: “Chi non vorremmo incontrare? Domanda da fare alle altre tre, che probabilmente non vogliono trovare noi, adesso”.
Come sosteneva lo scrittore tedesco Goethe: “Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza. Comincia ora”. Perché la Juventus ci ha abituati a sognare. E i loro sogni sono gli stessi di tutto il popolo bianconero. Allora, ragazzi, sotto a chi tocca.
Luca Piedepalumbo