Toda Joya, Toda Tristezza: il freno a mano della Juve, la voglia di remuntada blaugrana

Il giorno dopo la partita più bella della stagione, gli opinionisti si sprecano con le parole: la prima pagina va alla Joya, o alla gioia (fate voi) di Dybala, fino ad un paio di anni fa un anonimo rosanero in cerca di gloria, adesso alla ribalta dei giornali e di tutte le bocche di chi ama disquisire di calcio giocato. Ieri sera abbiamo visto qualcosa di grandioso; forse non siamo ai livelli del 4-0 parigino, ma il Barça è apparso poco più terribile di una anonima squadra di media classifica italiana. Ora il pensiero va al Camp Nou, quasi 100mila culés a chiedere la rimonta, l’ennesima a questa squadra. Ma come si arriva al fatidico 19 aprile?

POLEMICHE E GODURIE

I giornali catalani sono all’insegna della tristezza funerea: ancora una volta il Barcellona ha accusato tutti i suoi limiti. Se due anni fa questa squadra, all’epoca imbattibile, si concedeva distrazioni ogni plenilunio dell’anno del gatto, nelle ultime due stagioni sono state tante le cadute fragorose: c’è stato un 4-0 in finale contro l’Athletic Bilbao, 4 reti prese più volte col Celta Vigo, il già citato 4-0 col PSG. Quando vinci tutto, sempre e comunque, queste cadute sono un disastro per gli occhi. Si cerca di trovare colpevoli: 4 gol (ancora quel numero) subiti da calcio piazzato nell’ultimo mese, si lanciano accuse di giocatori che non meritano la maglia, si prova in qualche modo a parlare di tattica, ma è sempre la tristezza a saltare fuori: mancanza di intensità, latitanza di gioco e MSN disconnessa. Si punta il dito su Mascherano e, forse per la prima volta negli ultimi 15 anni, nella rosa della squadra blaugrana, troppo corta e avara di campioni. Nei giornali spagnoli invece, solitamente vicini al Real Madrid, un po’ si gode (come è normale che accada in Spagna) ma si cerca anche di essere costruttivi: Marca si chiede perchè Sergio Busquets sia così fondamentale in un centrocampo che comprende Rakitic e Iniesta, quali sono i motivi che hanno portato a preferire Mathieu a Jordi Alba in una partita così importante, o come Sergi Roberto possa passare da eroe di tutti i giorni a lumaca spaziale.

NUOVA SETTIMANA NUOVA STORIA

Tra una settimana ne sapremo di più, quando sarà il Camp Nou a decidere chi merita di andare in semifinale. Il Barcellona dovrà vincere con quattro reti di scarto, impresa tutt’altro che facile. Ma come insegna il Paris Saint Germain, tutt’altro che impossibile: l’atmosfera, l’indubbia qualità dei blaugrana e qualche svista arbitrale possono fare la differenza. La Juve non è il PSG, ma il Barcellona rimane il Barcellona. Non è nuovo a queste imprese: oltre al 6-1 divenuto leggenda contro i parigini, esistono precedenti di cui tener conto che riguardano le italiane. Max Allegri si ricorda il suo Milan, che all’andata bloccò come un fermacarte i blaugrana arrivando in Catalogna per difendere il 2-0 di San Siro. Risultato? L’amarezza di quel palo colpito da Niang che poteva diventare ago della bilancia, e un 4-0 che spazza via il ricordo di El Sharaawy e Boateng padroni del campo all’andata. Ma non sempre la remuntada è cosa possibile: l’Inter di Mourinho soffrì in maniera indicibile contro gli imbattibili di Guardiola; sotto di un uomo, con le unghie e con i denti strappò una sconfitta di 1-0 che li portò alla finale di Madrid, poi vinta 2-0 contro il Bayern Monaco.

LA FIEREZZA DI ESSERE JUVENTINI

La Juve dopo un 3-0 al Barcellona potrebbe riposarsi sugli allori, non ci sarebbe niente di più sbagliato in ciò, e dovrebbero saperlo bene. L’anno scorso, in Coppa Italia, un 3-0 in scioltezza colto allo Stadium rischiò di non bastare per arrivare in finale: l’avversaria era l’Inter, la qualificazione fu decisa ai rigori. La Juve sa che non deve abbassare la testa, le lezioni di umiltà e di coraggio le ha imparate. Il Barcellona in casa sa trasformarsi in squadra che rasenta la perfezione, la Juve sa che non sarà una passeggiata. Sa che ci sono differenze tra un Chievo Verona ostico in casa e un Barcellona da Playstation. Essere juventini, in fondo, dovrebbe significare anche sapere dove si può arrivare, e lo slogan parla chiaro: FINO ALLA FINE.

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