La Juventus si appresta ad affrontare ai quarti di finale la squadra che, dal 2007-2008, ha cambiato il modo di guardare e studiare il calcio: il Barcellona. Elencare i trofei alzati dai “Blaugrana” negli ultimi dieci anni sarebbe un’impresa quasi quanto provare a batterla. Il club spagnolo domina in Europa in modo costante da diversi anni, con un gioco a dir poco spettacolare e fonte di ispirazione per molti allenatori nel mondo. Eppure, costruire un modello di gioco come quello dei Catalani risulta non difficile, di più. È qualcosa che va preparato nel tempo. Basti pensare che questo fenomeno del “tiki-taka” e l’introduzione di una certa metodologia sono da ricercare nell’arrivo in Spagna di Cruijff nel 1988-1989. Con i primi frutti raccolti esattamente VENTI anni dopo: Barcellona-Manchester United. I vincitori della Coppa schieravano in campo per 7/11 calciatori cresciuti nella Cantera. Xavi Hernandez, ex calciatore del Barcellona e icona del movimento blaugrana, ci viene in aiuto per spiegare cos’è il Barcellona: “Con noi, in casa, il pallone nemmeno lo vedi. Una meraviglia. A volte, Rexach (staff del Barcellona) era di spalle e gridava “Bene, bene!”. E noi: “Ma bene cosa? Non l’hai visto”, e lui rispondeva: “Io ascolto il pallone, e quindi so che va bene”. Lo sapeva dal suono, dal tocco”.
Passando a quelle che sono le armi del Barcellona, il punto fondamentale per spiegare l’altissimo livello del gioco blaugrana è il cosiddetto “gioco di posizione”. Una metodologia arrivata in Spagna dall’Olanda. Il gioco di posizione non va confuso con semplici giochi di possesso, ma è una vera e propria metodologia. Tutto si costruisce partendo da questa metodologia: dalla fase di possesso, a quella di recupero palla, fino alle transizioni. Un esempio di cos’è il gioco di posizione ci viene offerto da Oscar Cano: “Un concetto base del gioco di posizione consiste nel far arrivare in una zona più oppositori per liberare i compagni in altri settori”. Tutto ciò che si può vedere durante una partita del Barcellona non è frutto di processi meccanici, ma di sviluppi di gioco ottenuti grazie alle interazioni tra i singoli componenti. Un altro dei punti principali per capire il fenomeno Barcellona è la diversa interpretazione dei ruoli in campo. Non esiste, o perlomeno non ha questa grande importanza, definire un determinato calciatore terzino, ala, centrocampista. Tutto si autoproduce dalla posizione del pallone, dal possessore e dai possibili riceventi. Creare determinate figure geometriche in cui far scorrere palla. In ogni zona di campo:
Tutto si muove in funzione del pallone. E nulla cambia se il pallone si trova in zone centrali, basse, alte, corsie laterali. Quello che cambia sono solo le caratteristiche dei singoli calciatori:
Come detto, nulla cambia se il pallone si trova in diverse zone di campo:
Tutto passa da qui: creare, strutturare figure geometriche continue in cui il pallone deve scorrere rapidamente.
FONTI DI GIOCO BASSE – Da anni si tenta di spiegare il gioco del Barcellona soffermandosi sullo sviluppo della manovra che parte dal basso. È evidentemente vero che molto passa dalle capacità dei Blaugrana nello sviluppare la manovra a partire dal portiere, ma non è nient’altro che un’idea tra le tante. E tutte si basano sul concetto di interazione tra i vari elementi. Oscar Cano, ancora una volta, ci viene in aiuto: “Lo stile del Barcellona non ha la sua radice nel movimento in ampiezza dei centrali a inizio manovra, nemmeno nei laterali che avanzano. Queste abitudini fanno sì che accadano determinate azioni, ma la vera realtà risiede nel combinare le qualità dei singoli, qualità che si intrecciano”. E, infatti, analizzando quello che è lo sviluppo della manovra del Barcellona, si nota che esistono diverse interpretazioni in base agli uomini in campo. Prendiamo in esame tre “casi”:
PALLA IN ZONE ALTE DI CAMPO – Oscar Cano ci ha spiegato come il gioco del Barcellona consista principalmente nel portare tanti avversari in zona palla per poi andare a cambiare zona. Questo per creare costantemente parità, o addirittura superiorità numerica in fase di possesso, per tenere perennemente gli avversari in corsa senza palla e per sfruttare il campo in ampiezza. Una delle caratteristiche che differenziano il gioco del Barcellona da quello di una qualsiasi altra squadra è la capacità di distribuire gli uomini anche in zone lontanissime dal pallone:
Altro aspetto fondamentale del gioco del Barcellona è la scelta della giocata in condizioni di palla coperta e palla scoperta. Nel primo caso, per liberare la palla coperta gli uomini senza palla si smarcano continuamente, soprattutto in ampiezza. Questo grazie principalmente ai movimenti di quelli che noi comuni mortali definiamo “interni di centrocampo”:
In situazioni di palla scoperta, invece, il possessore di palla ha a disposizione l’attacco alla porta degli uomini senza palla per provare l’imbucata bassa o alta:
FASE DI NON POSSESSO – Altro aspetto fondamentale allenato grazie al gioco di posizione è la fase di non possesso. Nei primi anni di studio del Barcellona una frase circolava come un mantra: “Si attacca arretrando, si difende avanzando”. Un modo semplice che, però, sembra rispecchiare la realtà del gioco del club spagnolo. Il Barcellona struttura tutta la fase di non possesso su aggressioni immediate sul portatore di palla avversario. Situazione che si verifica soprattutto nei primi secondi di palla persa, ovvero in situazione di transizione negativa. Concetto fondamentale è quello di togliere spazio e tempo all’avversario in possesso, costringendolo o a uno scarico “innocuo” o a una palla lunga di facile preda per la retroguardia blaugrana:
Situazioni di pressing che non cambiano in nessuna zona di campo, nemmeno dove un pressing a vuoto potrebbe creare situazioni complicate da risolvere:
Secondo elemento determinante nella fase di non possesso del Barcellona è la capacità dei singoli nel posizionarsi sulle traiettorie possibili del pallone:
Su palla lunga, è Pique l’uomo con compiti di contrasto aereo, con i restanti componenti del reparto arretrato che offrono copertura alle sue spalle:
Salvatore Nappo
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