Tre a zero. Capito? Tre a zero. La Juve schianta, annienta e annichilisce il Barcellona: non c’è storia, allo Stadium. Non c’è mai stata. È una serata che resterà negli annali e nei cuori: questa Juve, dopo stasera, può tutto. E non c’è risposta più bella, certezza più nitida: ora questa squadra è artefice unica del proprio destino.
Una manata che scaccia i pensieri, le paure, le disillusioni. Iniesta tocca preciso: lui non solo para, quasi smanaccia e quindi salva. Con un’intelligenza superiore, come richiedono i supereroi, come il ragazzino scapestrato d’un tempo: ma quale tecnica, tutto sulla sostanza. Chiedere a Suarez per credere: poi dicono che i miracoli non esistono.
Quel giallo dopo quasi 30 minuti stona, e un po’ lo macchia. Ma Dani si riprende: con scorribande e particolare attenzione indietro. Mezza pecca: quello sguardo furtivo e innocente ad Iniesta, che poi s’infrange su Buffon. Graziato.
D’anticipo e di forza. Avete notizie di Neymar? Da nessuna parte regge il dominio Barça: non esiste, con quei due lì dietro. Nei novanta minuti è un martello che non inchioda false speranze: sa solo inchiodare al tappeto quel blaugrana sbiadito.
Le sbavature come parte del repertorio. La forza bruta, pure. E il colpo di testa, infine. Magico, Chiello: che stavolta il Barcellona l’affronta, e lo fa alla perfezione. Quella testata con cui arpiona il 3-0 è l’immagine più bella, l’istantanea ideale: contro la malasorte, si va di prepotenza.
Impeccabile dietro, di gran classe in avanti: sgaloppata dopo sgaloppata, propone calcio e si cimenta nell’impresa delle imprese. E sì, l’annulla pure, Messi. E sì, incrementa certezze e sogni. E pensare che alla vigilia sembrava in ballottaggio: oggi è forse l’elemento più costante dell’intera annata.
Quel destro con cui sfiora l’incrocio è l’esempio perfetto di cosa sia diventato Khedira questa stagione: Re Mida. Davvero, tutto quello che tocca, diventa oro. O al massimo un pallone giocabile, per lui di certo ‘smistabile’. Dà equilibrio e palloni, sostanza e qualità. Stratosferico.
Serviva qualità: ha dato pure l’anima, combattendo lì in mezzo con il fare del Gladiatore e da buon messaggero di gioco. Raduna palloni, in mezzo. E si ributta ai lati se in mezzo trova il dannato traffico. Con intelligenza, Mire: finalmente.
Ultimi minuti, toccava tener duro. Lavoro perfetto per Barza.
Variante impazzita, quel di cui la Juve aveva bisogno in una serata da luci fisse e costanti. Serve Dybala per la prima rete, poi parte e raccoglie multe per eccesso di velocità, di qualità, di costanza. L’uomo imprescindibile si conferma anche stasera, brillando più di tanti nella notte delle stelle.
Ritrovarsi in questo Juve-Barcellona è già di per sé una vittoria: e lui incide, più o meno. Nei limiti del possibile e del ‘difendibile’. Bene così.
Ci sono linee sottili che non vanno oltrepassate. Come i paragoni, ad esempio. Che spesso distruggono, quasi mai creano. Eppure stasera non è possibile non farne: tra quel dieci lì, campione di tutto, e il giocatore che più gli assomiglia, che meglio ripercorre le sue orme. Dybala batte Messi: lo fa con un doppio sinistro micidiale, con mille chilometri in più, con la qualità sopraffina degna di un Pallone d’Oro. Se ci sono serate adatte a consacrare nell’olimpo del calcio, questa lo era: la Joya ora guarda tutti, o quasi, dall’alto.
Serviva un mastino: era lui, l’uomo più indicato. Fearless, no? I motti non si scelgono a caso.
La sua vita si compone di traversate da una linea all’altra, di musi duri e di testate ad alta quota. Se non ci fosse, questa Juve non sarebbe così devastante, così quadrata e compatta. Dà equilibrio, e pure manforte. E non contento, azzanna la partita in ogni fase che gli si pone davanti.
Sciupa e impreca, si rialza e combatte. Poi di nuovo: quanto fa male, quell’errore. Archiviato dalla testata di Chiellini, vero: ma resta uno sbaglio non da lui, da mangiarsi le mani. E siamo sicuri che non penserà ad altro, una volta goduta la vittoria. Al ritorno, senza paura Pipita: la Juve ha bisogno soprattutto di te.
Ha ragione lui. In ogni caso, in qualsiasi situazione: ha ragione lui. Ad inserire la formazione titolare, a rischiare un Mandzukic non al meglio, a far fuori Marchisio. Ha ragione lui a credere in questa Juve, a tener saldi i nervi e le redini di una partita che poteva scivolare via da un momento all’altro. Ha ragione lui che questa squadra la merita e l’ha fatta propria: più di tutti.
Cristiano Corbo
QUI LE PAGELLE DEL BARCELLONA
This post was last modified on 12 Aprile 2017 - 11:19