Talcott Parsons fu sicuramente tra i maggiori esponenti della sociologia del ventesimo secolo. L’americano, fautore del struttural-funzionalismo, formulò quattro prerequisiti funzionali utili al fine di facilitare l’interpretazione della realtà. I quattro requisiti vennero divisi in: Adattamento, Goal, Integrazione e Latenza, andando insieme a comporre, tramite le iniziali di ogni parola, lo schema AGIL. Mai il sociologo avrebbe immaginato che questo suo schema potesse essere adattato dai posteri al mondo del calcio. Oggi, tuttavia, è possibile trovare qualche analogia tra il pensiero di Parsons e quello di Allegri.
Facilmente intuibile ciò che il sociologo intendeva col termine adattamento: la capacità ‘resiliente‘ di ogni individuo sociale. Anche alla Juve, soprattutto in seguito al cambio modulo ed alla restrizione ulteriore di una coperta già di per sé cortissima – chiaro riferimento al reparto offensivo – c’è bisogno di sapersi adattare e di anteporre il collettivo al proprio ego. È il caso di Mario Mandzukic, che nel 4-2-3-1 Allegriano riveste una posizione insolita dedita all’assoluto sacrificio. Tanta corsa, tanti ripiegamenti ed un maggior distacco dalla porta avversaria, ma poco importa per il croato. Stessa sorte è toccata a Lemina e Sturaro nelle recenti uscite. Risultato? Un punto cruciale per la classifica ed in tasca una qualificazione in finale di Coppa Italia.
No, per Parsons nessuna allusione al mondo del calcio: per lui il goal non era nient’altro che il conseguimento degli obiettivi. Dal punto di vista bianconero, invece, il gol non è mai stato un problema. Come se non bastasse, contro la sua ex squadra, un Higuain particolarmente a digiuno ieri sera ha trovato per ben due volte la via della felicità. Ma un goal, termine stavolta usato in piena accezione parsonsiana, lo ha fatto anche Max Allegri. E potrebbe arrivare a realizzare persino una tripletta. Ad inizio aprile la Juventus si ritrova a lottare su tre fronti, il meglio che una squadra potesse offrire a questo punto della stagione. I gol bisogna segnarli, i goal bisogna conseguirli. La Juve, intanto, è sulla strada giusta.
Il suddetto termine, in chiave sociologica, indica la funzionalità degli individui all’interno della società. In questo caso, grandi meriti vanno dati ad Allegri, capace da sempre di saper integrare al meglio ogni giocatore a disposizione. Significativo è l’esempio di Sturaro, una seconda linea che di fatto portò la Juve a Berlino nel 2015. Anche quest’anno l’allenatore ha dimostrato un’impeccabile gestione del gruppo, facendo ruotare perfettamente una rosa vastissima, soprattutto nei reparti dalla mediana in giù. Altra grande intuizione del mister è quella di aver recuperato un Asamoah che ad inizio stagione pareva aver chiuso già i battenti. Con lo spostamento sulla linea dei difensori il terzino pare essere rinato, proprio come la fenice. Le sbavature c’erano e continueranno ad esserci, ma certamente Allegri è per il 22 juventino un elisir di lunga vita.
Col termine latenza, infine, Parsons intese le motivazioni che muovono l’individuo sociale. Nel caso degli uomini di Allegri, ne abbiamo pure in abbondanza. Vincere lo scudetto per il sesto anno consecutivo sarebbe leggenda, così come la terza Coppa Italia in tre anni. Ciò che però motiva maggiormente i bianconeri, inutile negarlo, è la vittoria dell’ineffabile coppa dalle grande orecchie, termine massimo d’aspirazione per ogni giocatore. Sulla strada di Cardiff i bianconeri troveranno il Barça dei marziani. Eliminare i catalani? Non succede, ma pur se dovesse succedere niente si potrà dar per certo, perché come direbbe Venditti: “E quando penso che sia finita, è proprio allora che comincia la salita”. Che fantastica storia è la…Champions. Ops, l’ho nominata.
This post was last modified on 6 Aprile 2017 - 17:48