In esclusiva ai microfoni di SpazioJ l’avvocato Paco D’Onofrio fa chiarezza sul deferimento presentato dalla Procura federale, in cui viene contestato al presidente della Juventus, all’ex dirigente Francesco Calvo e a due dipendenti Alessandro d’Angelo e Stefano Merulla un ruolo di collaborazione con la criminalità organizzata, legato alla vendita dei biglietti.
Faccio una premessa: dobbiamo stare a quel che si legge sui giornali. Il deferimento è arrivato nella sua completezza documentale soltanto al destinatario: non conosciamo tutti gli estremi. Diciamo che la contestazione che gli viene fatta è quella di aver avuto rapporti con frange di tifosi, con probabili infiltrazioni malavitose, anche a proposito della gestione dei biglietti delle partite.
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Questo tipo di comportamento per la procura federale è fonte di responsabilità, mentre, per quello che si legge, il presidente Agnelli contesta che si tratta di una ricostruzione accusatoria non corrispondente alla realtà delle cose.
Qualora venisse accertata la responsabilità – perché il deferimento è un atto d’accusa e non una sentenza – bisogna vedere cosa deciderà il Tribunale federale. Il presidente esclude qualsiasi tipo di contatto tra sé ed esponenti della tifoseria e, a maggior ragione, legati al mondo della criminalità.
Il deferimento prevede un’attribuzione di responsabilità al presidente che, essendo il rappresentante legale della società, genera un caso di responsabilità diretta della società.
Per altri dirigenti o ex dirigenti, come Calvo, genera un coinvolgimento con una sola responsabilità di tipo oggettivo.
A mio avviso, considerando il tipo di condotta, che non ha un’incidenza di tipo sportivo, le sanzioni potrebbero essere soltanto di tipo inibitorio, quindi una squalifica ai dirigenti, ed eventualmente un’ammenda per responsabilità diretta della società. Escludo che ci possano essere punti di penalizzazione a carico della Juventus. Questa contestazione non ha nessun tipo di risvolto sportivo, ed i punti di penalizzazione vengono assegnati quando l’illecito o l’attività regolare compiuta, abbia un’incidenza dal punto di vista sportivo. Incidenza che in questo caso non c’è.
Le condivido soprattutto per il paradosso che evidenziano. C’è un’informativa dei carabinieri che addirittura considera la Juventus come vittima di un’eventuale sistema di pressione da parte di alcuni soggetti e nessun dirigente della Juventus. Né tanto meno il presidente Agnelli è indagato da un pubblico ministero statale: non si capisce perché per la giustizia sportiva il quadro sia diametralmente opposto.
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Non commento le sue parole, perché sono suoi giudizi personali che fa bene ad esprimere, anche quale presidente di una società per azioni, quindi anche per un senso di dovere verso gli azionisti. Dico solo che dal quadro che emerge c’è questa incredibile divergenza tra la giustizia penale, che ritiene estranei i dirigenti ed addirittura la società vittima, e la giustizia sportiva che ha una visione diametralmente opposta. Questa è un’anomalia che il presidente ha giustamente evidenziato.
Condivido anche la sua velata considerazione in ordine al fatto che nei confronti della Juventus ci sia sempre una maggior attenzione rispetto a quello che potrebbe essere un’analoga valutazione da svolgere nei confronti di altre società. Questo credo che sia un ulteriore ed ennesimo danno generato da Calciopoli, processo che non è mai riuscito a dimostrare che ci sia mai stata alcuna alterazione di partita, e questo lo dice anche la Cassazione. Però secondo me il danno più grande che ha creato Calciopoli è di tipo culturale: ha generato il sospetto che la Juventus, Moggi, Giraudo e tutta la società usassero mezzi poco leciti. Questa leggenda oggi genera questo tipo di atteggiamento, per cui quando c’è una decisione arbitrale a favore della Juventus si alimentano artatamente e colpevolmente complotti ed ipotesi di illeciti, quando, invece, è a vantaggio di altre società, viene qualificata soltanto come un errore dell’arbitro. Credo che questo sia un’esasperazione dei toni che il presidente Agnelli ha giustamente evidenziato.
Come per Calciopoli c’è l’atteggiamento di parte del giornalismo sportivo. Come all’epoca si gridò al mostro senza avere le prove, salvo poi scoprire dopo anni e anni che molti altri dirigenti facevano ben peggio di Moggi e che comunque nessuna partita è stata mai alterata, oggi analogamente si attribuisce già la collaborazione con ambienti mafiosi del presidente Agnelli, non solo fornendo una notizia falsa, ma soprattutto creando nei tifosi e nel movimento sportivo in generale un pregiudizio pericolosissimo, perché questo tipo di esasperazione accende gli animi, crea problemi di ordine pubblico: questa è la principale analogia con Calciopoli.
Anche quella volta ci fu questo sentimento popolare che andò oltre le norme e le reali responsabilità. Non c’è, invece, analogia tra le conseguenze, perché non si avranno punti di penalizzazione, ma sicuramente c’è un danno d’immagine piuttosto evidente. Naturalmente bisogna vedere cosa deciderà la giustizia sportiva, poiché il deferimento è soltanto un atto d’accusa, però mi sembra più esasperato il commento giornalistico sul deferimento che il deferimento stesso.
L’accusa può essere infondata, inopportuna, ingiusta: questo lo deciderà la giustizia sportiva. Tuttavia, ho avuto l’impressione che non si aspettasse altro che coinvolgere nuovamente la Juventus in presunti fatti criminosi che al momento non sono dimostrati. Rispetto a Calciopoli, però, c’è una grande differenza, riguardante anche gli equilibri all’interno della società. Equilibri che oggi sono completamente diversi da quelli del 2006, a dimostrazione di una compattezza aziendale, tra proprietà e dirigenza, oggi certamente evidente, rispetto al passato.
This post was last modified on 22 Marzo 2017 - 11:34