Una delle firme più importanti di Tuttosport, grande conoscitore del mondo Juventus, ma in generale del calcio. Con immenso piacere, la redazione di SpazioJ.it ha contattato Guido Vaciago, per parlare con lui del futuro della Juventus, impegnata sul fronte campionato, dove ieri ha vinto contro la Sampdoria, ma proiettata già verso l’epico doppio scontro di Champions League contro il Barcellona. Tutto lo staff di SpazioJ.it ringrazia Vaciago per la sua disponibilità a rispondere.
Un’altra vittoria per la Juventus. A Genova i bianconeri hanno vinto senza mai dare l’impressione di mettere veramente il piede sull’acceleratore. Un gap così evidente potrebbe permettere ai bianconeri di staccare un po’ la spina in vista di impegni più importanti?
“No. A Genova il piede sull’acceleratore è stato messo, nel secondo la Juve ha completamente staccato, ma nel primo ce n’è stato bisogno. In generale, non bisogna staccare la spina. La storia insegna che tutte le volte che la Juve ha staccato la spina in campionato, in Champions è stata bastonata, come nelle finali del ’97 e nel ’98. Non sarà una finale, ma è d’insegnamento. La tensione fa bene alla squadra. Con un margine così ampio, è ovvio che Allegri potrà gestire meglio le fatiche, con certe scelte di turnover anche a partita in corsa, per arrivare alla sfida con il Barcellona con la squadra al top.”
Impossibile non pensare a Juve-Barcellona. Un sorteggio sicuramente non fortunato, ma di grande fascino. Constatato che in queste partite è impossibile fare pronostici, quali potrebbero essere gli uomini più importanti della schiera bianconera?
“La forza della Juve, rispetto al Barcellona, è quella di non dover contare sull’estro dei singoli ma sulla forza del gruppo. Credo che i giocatori fondamentali possano essere Dybala e Dani Alves. Dybala perché è un giocatore che se è in serata può inventare le cose giuste per vincerla a Torino e magari non perderla al Camp Nou. Dani Alves, invece, ha la calma necessaria per trascinare la squadra oltre quello che può essere il pericolo e il rischio dello stadio del Barcellona, che sappiamo essere uno stadio assai complicato da affrontare.”
Dopo Berlino, entrambe le squadre sono cambiate. Credi si siano indebolite entrambe oppure sono semplicemente squadre diverse da quelle che hanno giocato l’ultimo atto della Champions nel 2015?
“Il Barcellona non ha cambiato molto perché è una squadra talmente forte che è impossibile rinforzarla. Ha perso Xavi per limiti di età, ma il fatto che sia la stessa squadra è indicativo perché è proprio fortissima. Non è facile trovare qualcuno più forte di Messi, di Suarez e di tutti gli altri, così difficile che forse non ne esistono di più forti. Oltretutto non sono a fine corsa, ma, per quanto abbiano due anni in più, sono nel pieno della loro carriera.
L’unico un po’ avanti con gli anni è Iniesta, che però continua a essere un giocatore fondamentale.
La Juventus ha cambiato molto, che, sia per storia che per politica, spesso cambia. C’erano giocatori che erano alla fine, come Pirlo e Tevez. Sapevamo che Morata era un giocatore a rischio per via della clausola. Non sono state tutte scelte della società, il cambiamento della Juve, secondo me, è anche frutto di fattori casuali. Ad esempio, Morata, fosse andata in un altro modo, sarebbe rimasto. Tevez e Pirlo comunque non ci sarebbero stati dopo due anni. Dopo due anni, i cambiamenti fanno sì che il Barcellona rimanga fortissimo mentre la Juventus, tutto sommato, penso si sia rinforzata. Anche se mancano Pogba, Vidal e Pirlo, soprattutto gli ultimi due, mi sento di dire che la Juventus ha più qualità rispetto a quella di due anni fa, nel senso che gioca meglio il pallone.”
Uno dei momenti fondamentali della stagione è stato il passaggio al 4-2-3-1. Un cambiamento radicale che non avevamo mai visto da parte di Allegri, mai troppo legato ai moduli ma che sembra essere molto “affezionato” a questo nuovo schema.
“Non è vero questo. Ad esempio, contro la Sampdoria, ha cambiato modulo giocando prima con un 4-4-2 e poi passando al 4-3-3. Spesso cambia modulo, soprattutto quando si trova in situazioni simili alla partita di Genova. Allegri continua a non essere legato ai moduli, perché è legato all’atteggiamento. Aver fatto convivere tutti i campioni non è stata una questione tattica, ma il modo con cui ha convinto loro a partecipare alla fase di non possesso. In questo modo ha potuto permettersi di schierarli tutti insieme. La sua è stata una rivoluzione di testa, mentale. Tanto è vero che, con questo modulo, che tutti definiscono iper offensivo, la Juventus non ha aumentato la sua media gol, che è rimasta uguale, ma prende molti meno gol. La vera forza di questa disposizione è il fatto che difendono e attaccano in dieci. Una rivoluzione che è stata notevolissima.”
A proposito di Allegri, cosa pensi del suo futuro? Sembra che la scelta sarà la sua: se vorrà rimanere, la società vorrebbe tenerlo. E nel caso in cui vada via, Spalletti è realmente così vicino?
“Per quanto riguarda Spalletti, non so rispondere. Sarà una decisione di Allegri, che non verrà mai mandato via dalla Juventus. Se Allegri andrà via, lo farà perché penserà che sia finito un ciclo, o perché cercherà nuovi stimoli e non rovinare, dunque, quanto fatto di buono alla Juve. Non so cosa lui pensi in questo momento, l’impressione è che voglia rimanere. Ma di questo riparliamo a fine stagione. Di sicuro la Juve non lo manda via, metto entrambe le mani sul fuoco. Marotta si trova benissimo con lui e vorrebbe continuare.
Qualora Allegri decidesse di andare, non so se la Juve ha già pronta una lista di sostituti, se Spalletti sia il numero uno di questa lista o, addirittura, se lui ci sia. Allegri sta garantendo alla dirigenza risultati, è molto aziendalista nella gestione del mercato. Non punta i piedi, la società è libera di muoversi sul mercato concordando con lui le mosse, ma lui non è uno che pone aut aut sui giocatori. Tendenzialmente si adatta, sfrutta molto bene le risorse, dà i suoi consigli e poi è uno di quelli che ha incarnato più di tutti lo stile Juve.
Mi sento di dire che Conte è entrato nel cuore di tutti i tifosi ed è stato molto apprezzato in società per il clamoroso lavoro di ricostruzione che ha fatto e perché ha portato a Torino una mentalità che non esisteva più, tuttavia Allegri è più simile a quello che, nella mente di Agnelli, deve essere l’allenatore della Juve in termini di stile. Mai una polemica, mai alzato la voce in conferenza stampa, un aplomb quasi britannico davanti ai microfoni. Ha questo stile che è molto apprezzato, soprattutto la pacatezza nei modi. Si sposa bene con la Juve”.
Durante Sampdoria-Juventus, Buffon è diventato il bianconero con più minuti giocati nella storia della Juventus. Cosa possiamo dire su questa leggenda?
“Ritengo che questo mestiere mi abbia regalato delle belle fortune, per cui molti pagherebbero. Ho visto tante partite importanti, ho conosciuto di persona grandi protagonisti. Ritengo che la fortuna più grande che questo mestiere mi abbia regalato sia proprio quella di aver conosciuto Buffon. Un giocatore che ha scritto e continua a scrivere la storia del calcio. E’ un fenomeno e una grande persona, di spessore umano notevole. A volte si fa un po’ di retorica vuota, ma nel caso di Buffon è la verità. Buffon è una persona di grande valore umano e sportivo e passerà alla storia di questo sport per sempre.
Aver visto giocare e soprattutto conosciuto @gianluigibuffon è una delle più sfacciate fortune che mi ha regalato il mio mestiere
— Guido Vaciago (@guido_vaciago) 19 marzo 2017
Non tutti ce l’hanno fatta a diventare campioni dentro e fuori dal campo. Sono sicuro che, se avrò dei nipoti, mi chiederanno di Buffon, e io potrò rispondere di aver chiacchierato con lui e di averlo conosciuto. Lui è un po’ come lo si vede da fuori, una persona normale, pacata, intelligente, molto maturato nel corso degli anni. Mi piace come persona, vedo un adulto: gli anni lo hanno reso migliore nella sua testa. Mi rende felice ogni volta che gli stringo la mano o abbiamo occasione di scambiare qualche parola a margine di una partita.”
Cosa ne pensi di Marko Pjaca? Allegri ne parlava molto bene a inizio stagione, ma ora lo sta centellinando, facendogli giocare pochi spezzoni. In alcuni di questi, il ragazzo è sembrato convincente, in altri, invece, un po’ ha deluso. Il ragazzo ha tutte le qualità per diventare un top? Alcuni hanno paura che possa fare la fine di Coman.
“No, questo dipende da lui. Ma non credo che possa fare il percorso di Coman, anche perché altrimenti quest’estate avrebbe scelto il Milan per giocare con più continuità. Ha scelto la Juve sapendo che avrebbe trovato meno spazio e faticato di più, quindi ha capito che la crescita passa attraverso i grandi club e scelte del genere. Ha tanto da imparare il ragazzo: il talento è indubbio e non si può discutere, è enorme, l’esperienza ancora manca.
Ha delle carenze nella fase di non possesso, che deve assolutamente migliorare, altrimenti diventerà un giocatore di secondo livello, uno di quei trequartisti che può andare bene in provincia. In una grande squadra neanche Messi può ignorare la fase di non possesso. Messi, Neymar e Suarez partecipano alla fase difensiva del Barcellona in maniera molto più concentrata di quanto faccia Pjaca. Se il croato sarà un ragazzo intelligente, capirà che quello che sta facendo la Juventus con lui, è un lavoro di crescita.
Quando crescerà, sarà un giocatore certamente determinante e decisivo. Ha un talento forse pari a quello di Dybala, anche se non vorrei esagerare perché l’abbiamo visto poco, ma ha fatto delle cose veramente da grandissimo. Quindi bisogna farlo crescere con calma. Poi se decidesse di fare come Coman, sbaglierebbe.
Non mi pare che la situazione di Coman sia migliorata molto, con la differenza che a Torino avrebbe trovato un ambiente che negli ultimi tempi ha dimostrato di saper far crescere molto bene i giovani talenti: da Morata a Dybala, a Rugani. Mi sembra che sia molto sul pezzo, ha capito che deve migliorare e che può farlo in una grande squadra, dove potrà, nel frattempo che migliora, vincere uno scudetto e qualcosa ancora di più.”
Passando a temi più delicati, temi che l’inchiesta riguardante Andrea Agnelli possa effettivamente causare un danno di immagine alla Juventus, che sta espandendo il suo brand?
“Beh, l’inchiesta non fa di certo bene alla Juve. Se alla fine dell’inchiesta sportiva dovesse emergere la stessa verità che è emersa dall’inchiesta penale, cioè che la responsabilità della Juve è stata quella di non vigilare sufficientemente sulla vendita dei biglietti, che è sicuramente un errore, ma che è una violazione veniale tutto sommato, e non la collaborazione con le associazioni malavitose, cioè quello che è emerso dal deferimento, vale a dire accuse molto pesanti, allora il procuratore Pecoraro dovrebbe spiegare tante cose. Soprattutto riguardo alla pubblicità che lui ha fatto di questa inchiesta, fatta col copia incolla, perché lui di indagini non ne ha potuto fare.
La Giustizia Sportiva non fa indagini, ma eredita le carte della procura di Torino e su quella fa le sue inchieste. Sente i tesserati coinvolti attraverso memorie difensive o attraverso la loro voce per chiarimenti sulle vicende, ma fondamentalmente l’inchiesta nasce sulle carte di quella penale. Per questo è curioso, poiché l’inchiesta penale si è conclusa dimostrando che la Juventus non ha nessuna responsabilità, mentre queste ultime emergono da quella sportiva. Le indagini, le carte e le prove sono le stesse: se da una parte non ci sono responsabilità ci sono e dall’altra no, sarebbe interessante capire da dove queste escano fuori.
E’ vero che per la Giustizia Sportiva certi comportamenti possono essere delle violazioni che non lo sono per quella ordinaria, ma ribadisco che, per quanto abbiamo letto nel deferimento, le accuse sono molto pesanti. Tutto sommato questo danneggia la Juve: essere associato alle mafie è una roba pazzesca.
Nella conferenza stampa pre Sampdoria-Juventus c’era un giornalista catalano che era arrivato da Barcellona per seguire le parole di Allegri e fare cronaca della situazione sportiva della Juve. Si è trovato coinvolto in quest’altra conferenza, dove non riusciva a capirci nulla, ma ha capito due parole: Juve e Mafia. Ora, bisogna, come al solito, fare molta attenzione.
C’è bisogno di fare molta chiarezza, alla svelta, soprattutto su come la Procura Federale abbia proseguito con quest’inchiesta. Io sono il primo a pensare che chi sbaglia, deve pagare. Sono il primo a pensare che tra le società e gli ultras c’è un rapporto malato su cui bisogna intervenire. Dette queste cose, però, se una Procura della Repubblica dice determinate cose, per contraddirla o, quantomeno per interpretare quelle carte come le ha interpretate Pecoraro, devi avere delle solide basi.
Si fa un danno non solo alla Juve, ma anche al calcio italiano. Anche se questo non fa molto piacere alle altre squadre, all’estero il calcio italiano è conosciuto praticamente solo per la Juve. Infangare la Juve significa, per proprietà transitiva, infangare il calcio italiano. Il succo è che le accuse sono pesantissime: se dovesse essere dimostrato che esse siano infondate, la Juve dovrebbe ragionare anche sul danno di immagine che questo procedimento potrebbe creare.”