Quando la verità ‘da bar’ lascia il posto all’unica verità che davvero conta: quella giudiziaria

Una conferenza stampa lampo, quella che ha visto come protagonista, pochi minuti fa, il presidente bianconero Andrea Agnelli. E chiaramente, c’è un motivo, eccome. Andrea Agnelli è stato deferito dalla Procura Federale. Insomma, nel caso che ha visto come protagonista la Juventus e la criminalità organizzata nella vendita di biglietti, un passo decisivo, sostanziale, da non ingigantire né da annacquare ma da analizzare, sicuramente, come è giusto che sia in uno stato di diritto, con la consapevolezza e la forza di affermare che l’unica verità che conta, per gli amici e per i nemici, è quella giudiziaria e che fino a prova contraria esiste un principio supremo, quello della presunzione di innocenza, che vale per tutti, indistintamente. E, chiaramente, anche per Andrea Agnelli.

SERVE CHIAREZZA. Quella del numero uno bianconero è sicuramente una presa di posizione forte, netta, e anche coraggiosa. Andrea Angelli sottolinea ancora una volta che lui in questa storia non c’entra niente, e lo fa senza troppi giri di parole. Il presidente bianconero è sospettato di aver collaborato con personaggi della criminalità organizzata, argomenti delicati, da trattare con i guanti, in gioco ci sono la reputazione e la dignità di una persona e non solo. Ma è bene fare una premessa che va al di là dei colori, delle appartenenze o dell’amore verso una squadra che da sempre rappresenta il centro del movimento calcistico italiano e mondiale: serve chiarezza. Serve chiarezza in primis per lo stesso Agnelli, per la sua persona e la sua famiglia, ma anche per i tifosi e per la storia della Juventus. Il nome della società bianconera non può essere, ancora una volta, tirato in ballo per questioni losche e poi, a distanza di tempo, concludere il tutto con una gigantesca bolla di sapone. Questo non è accettabile e lo sa bene lo stesso Andrea Agnelli che ha tutte le intenzioni di far uscire allo scoperto la verità e mettere a tacere le malelingue che, in barba a qualsiasi codice penale, hanno già iniziato a sputare sentenze. 

PUNTO DI DOMANDA. L’ambiente bianconero si sta ancora leccando le ferite dal caso Calciopoli, della sommarietà di alcune decisioni e di tutti i punti di domanda che sono derivati. La società bianconera, come ha confermato l’atteggiamento dello stesso Agnelli, non intende fare nessun passo indietro e più decisa che mai difenderà il nome e l’onore della società, dei suoi tifosi e soprattutto del suo presidente. Quello che lascia davvero perplessi è sicuramente il fatto che mentre da un lato la giustizia penale, in un processo che ha sicuramente valenza penale, sgonfia il caso, dall’altro la giustizia sportiva deferisce il presidente bianconero senza deferire nemmeno la società. Quindi la preoccupazione è d’obbligo e si ripete: quando c’è la Juve di mezzo sembra che tutto cambia, come se si volesse dare ossigeno a quella parte di opinione pubblica che da sempre vive e ricama sulle dicerie da bar e su tutto ciò che ne segue. Il sospetto di voler alimentare un sentimento popolare che da sempre in queste occasioni ritorna di moda prepotentemente senza nessuna ragione, senza nessuna informazione, senza nessuna base sostanziale. A tratti sembra un film già visto, quello dove per la Juve il principio di innocenza diventa un principio di colpevolezza, il bar si trasforma in un tribunale, e anche oggi, ancora una volta, si alimenta quella pancia del paese, del tifo, che certe cose le vuole sentire, a costo di inventarle.

Aristide Rendina

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