Non ce n’è. Neanche per un misero istante, non ce n’è. Neanche coi quattro a supporto della punta per i lusitani, non ce n’è. E neanche per doti straordinariamente superiori nella faretra juventina, è che in campo vince chi sta meglio, chi occupa lo spazio senza sbavature, chi si fa grande grazie alla qualità dei singoli che in gruppo sanno solo esaltarsi. E non annullarsi.
Espirito Santo non aveva poi tanti crucci: la sfida era proibitiva, al limite dell’impossibile. Sapeva bene che sotto non c’era il Barça, e nemmeno andava a scontrarsi con il Psg. Dietro la Juve è solida, cinica. Fosse così anche avanti, a quest’ora staremmo parlando di una partita messa in ghiaccio dopo cinque minuti, non quaranta. L’assalto, comunque, dura il tempo che deve durare: poi ci pensa l’estrema bravura del ventuno, supportata da episodi e squadra. Che non mancano mai.
Brahimi cerca di dettare i tempi, di sfondare su una sinistra che vede Cuadrado ammonito dopo i primi istanti e le prime immagini. Non un problema, non con un Dani in partita. Attento, l’ex blaugrana. E in serata di grazia, una di quelle in cui qualche peccatuccio di gola glielo si perdona volentieri. Del resto, Torres e André Silva latitano, Layun non sfonda. E Soares? Ci sta. Tiene botta. Ma contro Bonucci e Benatia sarebbe dura anche se Higuain cambiasse casacca negli spogliatoi.
Ci vuole pazienza. Allegri lo ripete, e lo fa non a caso: l’irruenza di Cuadrado, ad esempio, lo fa imbufalire. Perché se c’è una cosa che la Juve ha imparato meravigliosamente a fare, è il giropalla, è il modo di approcciarsi alla rete e non l’affannarsi continuamente in trame di gioco che non hanno un vero inizio. E nemmeno una concreta fine. La filosofia non cambia, non deve cambiare: gli scambi stretti sulla trequarti hanno l’obbligo di creare e aprire la difesa avversaria. Come il nuovo modo di sfruttare i piazzati: più ressa sul secondo, meno tocchi stretti. E infatti…
E infatti la Juve non tarda a sfruttarli. In un modo o nell’altro, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. Stessa storia coi traversoni lunghi che piovono da ogni parte: che sia Sandro, Alves o Cuadrado – poi sostituito da Pjaca -, in mezzo si fa a spallate, a botte. Senza pietà alcuna.
Il rientro delle punte è prassi che si maschera sempre da novità. Non ci si può far l’abitudine, guardando gesti atletici e spirito di sacrificio. Inizia Higuain, prosegue Dybala, rifinisce Mandzukic: la corsa è perennemente all’indietro.
Ché dare una mano è condicio sine qua non per supportare le cinque stelle e la continua trazione offensiva. È il croato a stupire, ancora una volta. Per qualità dei tocchi, per intelligenza tattica: l’heat map parla chiaro: Mario non si ferma. E non c’è Texas – inteso come terra di nessuno – che non sia in grado di coprire con la sua personalissima bandierina.
Ah, ovviamente è in buona compagnia: è che il ritorno di Marchisio non è passato inosservato. Cento passaggi, percentuale d’errore da Pirlo, giostra che continua a girare nonostante il cambio degli interpreti. Si è sentito, ecco. E ci voleva, ecco. Perché d’ora in avanti la coperta non può essere corta: deve solo dar calore e opportunità. Bentornato, Claudio. In bocca al lupo, Juve: avrai ancora bisogno di queste serate. Ancora a lungo.
Cristiano Corbo
This post was last modified on 15 Marzo 2017 - 09:04