QUAGLIARELLA STALKING/ Il caso di Fabio Quagliarella, in queste ultime ore, sta animando la discussione calcistica. Sia sui social, con i tifosi che si scusano ed esprimono vicinanza, che nell’informazione. Inutile dire che, spesso, si assiste alla sagra dell’ipocrisia.
La storia
Facciamo un passo indietro: Quagliarella si trasferisce dal Napoli alla Juve. Ha appena concluso una buona stagione in azzurro: undici reti e il ruolo di capopopolo cucito addosso. Fabio, napoletano verace, vive il suo sogno.
Ecco perché la notizia, arrivata in una fredda notte svedese, scuote l’ambiente partenopeo. Nessuno si aspetta la cessione dell’attaccante, tanto più alla Juventus. Lo stesso Quagliarella, sotto il settore ospiti dello stadio dell’Elfsborg, cerca di spiegarsi, ma sembra quasi incredulo.
Il 27 agosto 2010 diventa una data cruciale nella carriera e nella vita di Quagliarella. Le contestazioni e i commenti sul web sono un preludio di ciò che lo aspetterà. Qualche giorno dopo, il 30 agosto, è questa la foto del giorno secondo il Corriere del Mezzogiorno.
Quagliarella diventa il traditore
Da quel momento in poi, insomma, Fabio Quagliarella diventa l’emblema del traditore. Inizia la corsa allo sfottò, purtroppo anche all’insulto. E un gigantesco settantuno, numero che nella smorfia napoletana indica un uomo cattivo e disonesto, lo accoglie al ritorno al San Paolo.
Tra chi se la prende con il presidente De Laurentiis e chi, invece, direttamente con Fabio, l’uomo, prevalgono i secondi. È la vittoria di una logica perversa, incapace di razionalizzare un sentimento viscerale e accettare ciò che, in fondo, non si sa.
Quello che nessuno sa e può sapere è ciò che, in realtà, sta tormentando la vita di Fabio. Uno stalker, di cui non si conosce l’identità, cerca di rendergli la vita un inferno: ci riesce. Fabio e i suoi cari vivono nella paura: una sensazione orrenda, che ancora gli brucia negli occhi.
È vittima di un reato orrendo e di una mente diabolica. È vittima di un uomo che riesce a giocare con le sue debolezze. È salvato solo dall’astuzia di un padre coraggioso, Vittorio.
Quello che si dovrebbe sapere, sempre
Quello che ognuno dovrebbe sapere, invece, è molto semplice: dietro il calciatore, c’è l’uomo. È una frase retorica, odio ripeterla: ma è tremendamente vera. Lo è perché tanti, troppi cercano di fondere due volti di una stessa persona in una sola maschera.
Quagliarella, per colpa di qualcuno, ha dovuto vivere un doppio dramma: tormentato da uno stalker e rinnegato dalla sua terra. Vittima, ancora una volta, di qualcosa che non dipende da lui.
Qualcosa da cui non si può difendere e che, perciò, fa ancora più male: colpisce sulla carne viva. Ripetutamente, con colpi continui, precisi, secchi. Sanguina, ma non può gridare: è terribile. Deve sentirsi pure odiato: una condanna nella condanna.
No, non è normale…
No, non è normale che un uomo non possa vivere la sua quotidianità normalmente. No, non lo è neanche se è un calciatore e se ha scelto di andare via. No, non lo è neanche se baciava la maglia sotto la curva. E no, non lo è per nessun altro motivo.
Oggi, dispiace dirlo, le scuse sembrano tardive e retoriche. Ancora di più da parte di chi ha contribuito a fomentare l’odio. Odio è una parola orribile, che non dovrebbe mai legarsi alla passione. Odio è una sconfitta, una pugnalata al cuore dello sport.
Oggi, dopo anni terribili, le scuse sono il minimo, ma non possono bastare. Potranno servire a qualcosa se e solo se questa vicenda sarà una lezione. Per tutti, nessuno escluso: qui non si fa una distinzione tra tifosi del Napoli e altri. Deve essere una lezione per il calcio italiano e per la sua parte più viva e passionale.
Certo, i tifosi avranno sempre il diritto e il dovere di indignarsi e criticare alcune scelte. Avranno sempre, però, il dovere di lasciare tutto sugli spalti. La vita è una cosa seria e non si scherza, anche se il calcio è “la più importante delle cose meno importanti”.
Se tutto ciò non dovesse accadere, se il calcio continuasse a essere la macchina di veleno che è oggi, le scuse sarebbero parole al vento. Impariamo, tutti, a guardare oltre e a non oltrepassare i limiti.
L’augurio per Fabio, un professionista esemplare e un uomo di spessore, è che adesso possa raggiungere la serenità che merita. Sarebbe la rete più bella di una carriera di gol spettacolari. Uno di quelli in mezza rovesciata, sospeso nell’aria, trattenendo il fiato.