Il dribbling è la massima espressione artistica del calcio, è elusione e piena padronanza di ogni singolo muscolo del proprio corpo. Yacine Brahimi è uno dei principali esponenti della corrente e al contempo, e nel tempo, questa sua passione e dote si è rivelata una croce per la sua carriera. Nei novanta minuti non basta solo quello, anche se preso come atto estemporaneo alla partita può significare il massimo momento di piacere visivo.
La storia di Yacine comincia come quella di tanti, inseguendo un pallone nella periferia parigina. Lì muove i primi passi fino ad essere prelevato dal Rennes, a 354 chilometri da casa. La sua dote non poteva di certo passare inosservata e la carriera comincia nel migliore dei modi: viene girato in prestito al Clermont, dove colleziona 32 presenze condite da 8 gol.
Conclusa la stagione, il classe ’90 torna alla base per imporsi e confermarsi. O almeno questi erano gli obiettivi. Dopo due anni saranno 39 le presenza totali, troppo poco per restare e troppo poco per essere degne di nota, è arrivato il momento di cambiare aria. Il mondiale 2014 diventa per Brahimi un trampolino di lancio e i Pozzo, attenti osservatori, fiutano l’affare portandolo al Granada.
In Spagna si distingue e si fa notare, diventando una bandiera e un punto di riferimento per tutta la squadra: grazie alle sue giocate i “rojiblancos” ottengono due salvezze consecutive.
La sua arma principale, come già detto, è il dribbling, la capacità di saltare l’uomo. Al capitolo 2 del “manuale” troviamo i calci piazzati, altra specialità della casa strettamente correlata alla venerazione per il pallone. Sfogliando le pagine si immagina un calciatore completo nei fondamentali e frenato da una paradossale costante: l’incostanza.
Il franco-algerino non ha mai brillato nè per la quantità di gol segnati nè per essere fondamentale in ogni partita. Nell’ultima stagione al Porto, però, aveva trovato la sua quadratura, elevandosi a faro della squadra e alzando l’asticella dei centri stagionali. A fine anno viene blindato, con la certezza di aver trovato un fenomeno.
Ecco il secondo paradosso: la stella che aveva brillato nella passata stagione si eclissa, i rimorsi di non averlo ceduto a quaranta milioni si fanno insistenti e Brahimi viene relegato in panchina. Fin qui 13 presenze e solamente 600 minuti, quindi 6 partite giocate interamente.
L’amante del dribbling, il giocatore con più estro buttato in mezzo alla mischia nella partita più importante della stagione. La mossa di Espirito Santo è sicuramente insolita, speranza o asso nella manica?
This post was last modified on 17 Maggio 2017 - 11:31