Avrebbe preferito un cazzotto in faccia, Leo. E forse pure uno schiaffo, uno di quelli risolutori e pregni di insegnamenti. Avrebbe sofferto di meno. Ma forse anche imparato, di meno: perché quel lento logorio del suo stomaco, quell’insoddisfazione cronica di chi sta fuori, alla fine varrà più di tante altre parole che Allegri e/o la società possano spendere. No, non gioca: sale in tribuna, il centrale. Ed è giusto così: è un segnale, forte e deciso. E non un crollo, non una crepa, non qualcosa di non detto (ma scritto).
Bonucci va in tribuna, e allora la miccia scatena il più infame dei fuochi: quello che sembra possa spegnersi da un momento all’altro, e invece sta lì, accovacciato, ad alimentarsi con ogni brandello di polemica che riesce a trovare. L’ultima, pure simpatica, recita: “e voi da quale parte state?”. Rispondiamo noi: non c’è un angolo, un centimetro, un segmento che possa seriamente dividere le due strade. Uniti, ora, si corre tutti verso l’obiettivo.
Che poi non può trattarsi solo di mera ‘ingiustizia’: bisogna scavare, a fondo, nelle radici di questa società. Nella serietà di chi ha sempre mosso i fili. Nell’astuzia di chi sa stare al suo posto, magari perché alla ricerca di qualcosa di più grande. Alla domanda, in fondo, è possibile rispondere con un’altra: da quando la maglia conta meno di un singolo, per quanto formidabile? Non esiste, né esisterà mai: ogni singola società fondata sul primadonnismo fallisce ancor prima di mettere il piede in campo. Giusto, invece, il pugno di ferro? Ecco: qui ci si può ragionare. La multa poteva bastare, ma tra le mura dello Stadium, oltre ad Allegri e Bonucci, nessuno può (e deve) testimoniare sull’accaduto. Robe da spogliatoio, magari un po’ più forti del normale, ma pur sempre robe da spogliatoio. Sulle quali, sindacare è inutile, dannoso e pericoloso.
Qualcuno dice che fan bene, queste ‘scariche’ di testosterone e adrenalina. Altri invece puntano i riflettori sul muro bianconero: iniziano ad intravedere qualche crepa. Fatte di mugugni, chiaro. E di una crescente insoddisfazione che non va per nulla a braccetto con i risultati: l’ambiente è felice, un po’ nervoso, ma stanno tutti bene. Eppure non si spiega questo continuo andare controcorrente, come se mancasse un briciolo di stima, come se fosse venuto meno il rispetto. Se quello di Khedira fu un caso isolato, con Dybala si è rischiato più del necessario. Con Bonucci, poi, i due indizi si tramutarono in prova. Schiacciante e conturbante.
Allegri è un maestro nel recuperare: in campo e fuori. Adesso ha forse il compito più duro da quando allena questa squadra: riunirli tutti, radunarli nel momento più importante e delicato della stagione. Ogni punto pesa, ogni gesto ha una conseguenza. Leo Bonucci l’ha capito meglio di tutti.
Ché la tensione non dev’essere una scusante: dev’essere uno stimolo. E incanalata nel modo migliore possibile, può diventare arma: potente, distruttiva. E necessaria per andare più forte in salita.
Gigi Buffon non usa mai determinate parole così, per caso, per moda. Quando definisce ‘trainante’ Leonardo Bonucci, quando quasi vuol spiegarlo con i gesti, racchiude in meri suoni quanto in realtà non può essere tradotto in parole: è che quantificare l’apporto del centrale è ardua impresa, e via di eufemismi. Anche per questo ha fatto male: ai tifosi, agli addetti ai lavori, a chi crede in questi colori. Perché la bandiera non può ammainarsi, non ora, non nel momento cruciale dell’anno. E perché chi dà tutto, spesso, dà pure troppo. È la dura legge dei generosi: il cuore non può chiudersi da nessuna parte, è la parte migliore di te. Quando tradisce, tocca subirne le conseguenze. E lavorare più forte, e crescere, e ripartire. Uno scivolone non condizionerà mai l’uomo Bonucci: può solo renderlo migliore. Così come renderà migliore l’atmosfera: ma sulle scelte della società, chi ha mai da obiettare?
Cristiano Corbo
This post was last modified on 22 Febbraio 2017 - 14:28