Trezeguin o Higuaet

Si può giocare una partita all’infinito, si può tenere il pallone per secoli, fare un giro palla di ore ed ore. Ma se non si finalizza, a che serve? Bene che vada, si conclude sullo 0 a 0. Sono 38 punti garantiti, in un campionato a  20 squadre, punteggio che forse schiude la permanenza nella categoria, nulla più e con affanno.

In una compagine armonica e ben strutturata il portiere è l’ultimo baluardo,  la difesa vuol dire sicurezza, il centrocampo conferisce elasticità e fantasia, ma se sotto porta non c’è il finalizzatore, tutto rischia di essere sterile. Puro esercizio estetico, senza terminazione, una vespa senza pungiglione. Il più delle volte il destino di un’annata e la conseguente proiezione sulla successiva dipendono da questa figura tanto coccolata, quanto terribilmente difficile da azzeccare.

Entriamo in casa Juve. Come non fare i complimenti al Conte della prima ora che poteva contare su Matri, buon “puntero” nulla più; su Quagliarella, supplicato nel calcio come santa Rita nella chiesa, entrambi famosi per miracoli e reti impossibili; su Vucinic, svolazzo estemporaneo, saporitore sugli arrosti, ma dalle reti optionals; con questo materiale a  disposizione non ha fatto mancare l’apporto in gol, ma che fatica… Al netto di Del Piero.

Troppo corta la stagione di Tevez, corta ed intensa. Come l’innamoramento di due amanti separati da qualche scherzo del destino. Poi la fatica a sbloccare il risultato è tornata sovrana, combattuta dall’applicazione di Allegri nei confronti di una coralità conclusiva che ne ha limitato le conseguenze. Meno male che Buffon restava imbattuto e la BBC si produceva nella seconda costruzione della Grande Muraglia.

Tra i tifosi si confabulava nemmeno tanto sommessamente della necessità di “uno che la butti dentro“. “Uno alla Trezeguet, hai presente?” “Eccome no? Ma dove lo troviamo? Suarez non ce lo danno, Mueller neppure”. “Ci sarebbe…mica il Napoli lo mollerebbe, figùrati” Detto, fatto. A Napoli, ADL mette le clausole per farsele pagare e la Juve cala l’investimento. Zitti e mosca.

Obbiettivo centrato: serviva un finalizzatore che sbloccasse le partite rognose? Ecco Higuain in bianconero. E la mente va subito a Davìd. Quante differenze tra loro.  Meno tecnico il francese, ma autentico spazzino dell’area piccola; puntuale sulla palla l’argentino, come un rompipalle nell’ora del relax. Meno mobile David, ma implacabile come il Giudizio Universale; meno scaltro l’argentino, ma devastante nelle conclusioni strappate alle disattenzioni delle difese. Più statico Trezeguet, più di movimento Higuain. Ora poi che il Pipita è finito sotto le grinfie di Allegri, ha imparato a coprire tutto il campo, alla faccia della sua presunta pinguedine. Punto di intersezione di entrambi è la spietatezza davanti alla porta. Come il motto del 4° alpini: “pietà l’è morta”.

La Juve può permettersi di subire il giusto, di reggere l’urto degli avversari che ci provano. Tanto, come quando “segnava sempre Trezeguet”, ora “siam venuti fin qui per vedere segnare Higuain”. E non ce n’è per nessuno. Al di sopra di essi ci potrebbe stare solo la loro fusione: Trezeguin o Higuaet. Ai lettori la scelta e l’ardua sentenza.

Immagini tratte da   calcioweb.com   e   quotidiano.net

Gestione cookie