ADL l’ha fatto. L’ha chiesto. Vuole spostare l’ultima partita con la Juve: c’è troppa ressa, nel mezzo. Troppa pressione (e troppo poco turnover di Sarri, aggiungiamo maliziosamente). E allora si fa alla vecchia maniera: si evita il problema. Non lo si affronta con le armi a disposizione – per nulla così irrisorie -, ma si cerca un modo per scappare dalla sorte. Oh, certo: è un suo diritto. Ed è giusto che lo chieda. Quant’è giusta, invece, l’eventuale esaudimento della richiesta?
Poco. Non perché i calendari debbano essere rigidi: non esiste una roba del genere in un calcio dominato dalle pay. Esistono però date prestabilite, volte ad aiutare e a formare l’organizzazione di una squadra che non ha un’unica competizione: ne ha tre. E che punta ad arrivare in fondo ad ognuna. Stessa sorte per gli azzurri, sia chiaro: è da qui che nasce la “paura” di poter perdere la propria naturalezza a discapito delle grinfie di Roma, Real e Juve. Verrebbe da dire, anche un po’ così: è il mare in cui si è scelto di navigare. E qualcosina da farsi perdonare, parlando di ‘calendari’, il presidente dei campani ce l’ha.
La richiesta è però partita sottovoce (neanche tanto, in realtà), mentre la risposta farà sicuramente rumore. Un fracasso di dimensioni epocali. Ché qualunque debba essere il responso, scontenterà opinione pubblica e meno pubblica. Qual è la posizione della Juventus? D’attesa. Non si muove. Accetta il verdetto e prima di quest’ultimo verrà ovviamente contattata. La domanda però resta sempre la stessa: perché ridursi sempre e comunque in queste situazioni? In Spagna conoscono il proprio avversario quattro giorni prima della sfida: è avvenuto in questi giorni, ai sorteggi di Copa del Rey. Barça e Atletico Madrid si affronteranno il primo febbraio e, fino alle 13 del 27 gennaio, i sorteggi non erano stati effettuati. Capitato quel che doveva capitare, nessun problema (non che non ce ne siano comunque, soprattutto di ordine pubblico).
Ecco, giusto un pensiero: se dovesse essere troppo di peso, se dovesse essere una nuova polveriera di polemiche sterili e di odio sempre meno calcistico, allora spostatela pure. Non conta il giorno, non conta nemmeno il luogo: conta affrontarle, certe sfide. E farle al meglio. Quindi sì, De Laurentiis ha fatto bene: ora tocca a Beretta. Non si costruiscono alibi qui. Si smontano quelli degli avversari, al massimo. E sempre sul campo.
CriCo
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