Doveva essere la sua serata. Una di quelle da Le mille e una notte, titolo della serie di racconti ambientati proprio in Medio Oriente, teatro della finale di Supercoppa tra Juventus e Milan. Una serata dai mille significati, per Paulo Dybala: una maglia da titolare, dopo due mesi dall’infortunio, pregna di speranze e rivincite. Il giusto premio per chi, in silenzio, ha lavorato giorno dopo giorno per arrivare qui, a Doha.
Invece è andato tutto storto. Dybala è partito dalla panchina, in maniera inaspettata: ha guardato i suoi compagni i suoi compagni passare in vantaggio, poi arrancare e soffrire. Inerme, in una bolla di sentimenti troppo fragile. Al suo ingresso, Paulo ha provato a giocarci: giocate e dribbling, ad avversari e paure. Ma non è bastato: la bolla è scoppiata, sul più bello, e si è trasformata in lacrime dopo il rigore decisivo sbagliato. Un semplice istante, capace di spezzare il sottile filo che separa la gioia dall’amarezza. L’ossimoro più crudele di tutti.
Ma, parafrasando De Gregori: “Nino, non avere paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un calciatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”. Tutte qualità presenti nel bagaglio tecnico dell’argentino. E dalle quali ripartire, per mettersi alle spalle lacrime e infortunio. Per un 2017 da vivere tutto d’un fiato, con il sorriso stampato sulla faccia.