Guess who loves this game? Naturalmente Patrice Evra

Senegalese di nascita, francese di adozione, juventino per scelta. A chi corrisponde l’identikit? Naturalmente a Patrice Evra, ma per gli amici ‘Zio Pat’. 

A Dakar, capitale del Senegal e paese di nascita di Patrice, nel 1981, suo anno di nascita, va in scena la terza edizione della Parigi-Dakar. Cos’è? Nient’altro che una gara di rally che fa capolinea proprio nelle due capitali che segneranno la sua infanzia. Non è un caso se dei 30 primi classificati, 28 furono francesi.

I primi passi in Italiaevra

L’Italia sarà presto nel suo destino: si trasferisce appena diciassettenne a Marsala, città famosa per il suo vino. Nella società siciliana, allenata da Luigi Carducci, Evra muove i suoi primi passi da giocatore professionista. Giocò 24 partite segnando 3 gol, aiutando la squadra ad evitare la retrocessione in seguito ai play out «A Marsala ho i ricordi più belli […] quando sono arrivato in Sicilia ero un ragazzino di 17 anni e mi sono sentito in famiglia […] Avevo fatto un provino nel Toro e mi volevano tenere, ma c’era un osservatore del Marsala, che mi ha chiesto se avessi voluto provare a fare il salto nel calcio professionistico e mi sono tuffato».

Dalla Sicilia si trasferisce poi in Lombardia, direzione Monza. Nella città famosa della monaca, il francese vive un’esperienza poco felice: solo tre presenze in Serie B.  Proprio per questo farà ritorno in Francia, nella squadra delle riserve del Nizza, che allora militava in Ligue 2. Da lì in poi sarà una parabola ascendente.

La Champions nel destino

Col trasferimento al Monaco la sua carriera cambia decisamente musica, e di musica Patrice se ne intende. Un po’ come passare da un valzer lento ad “Ain’t No Mountain High Enough”. Con i monegaschi il francese colleziona 120 presenze e due gol, e con essi anche le prime delusioni professionali. Nel 2004 sarà il Porto di Jose Mourinho  all’Arena aufSchalke di Gelsenkirchen ad alzare al cielo la coppa dalle grandi orecchie.
 

Il suo grande riscatto non si farà attendere: nel 2006 passerà alla corte di Sir Alex Ferguson. Col suo Manchesterevra United vincerà cinque campionati inglesi, cinque supercoppe, cinque coppe di lega ma soprattutto una Champions League, strappandola dalle mani del Chelsea, ex squadra proprio di Mourinho.

Dopo aver vinto di tutto con Sir Alex decide di lasciare Manchester: la Juventus, come un re senza corona e senza scorta, bussa tre volte alle sue porta. Quale occasione migliore per rimettersi in gioco? Per Allegri il terzino francese è l’uomo giusto per fare il salto di qualità in Europa: tecnica, classe ed esperienza. L’acquisto non può che essere azzeccato: la Juventus arrivò in finale di Champions, piegandosi solamente ai marziani del Barça.

Evra love this game

Come tutte le cose belle, anche Evra segue il corso naturale degli eventi: la sua carriera ha avuto un inizio e presto volgerà al termine. E anche se gli anni passano e le cifre scorrono, il ritiro del francese non è stato ancora minimamente accennato. Perché? Ma è semplice: because he loves this game. 

Magari non sarà più decisivo in campo come una volta, ma fuori dal campo riveste un ruolo importantissimo, sia nel momento delle strigliate che nel momento del divertimento. Perché se ti chiami Patrice Evra e non sei divertente, una delle due affermazioni è sicuramente sbagliata. Ancor più difficile di un gol in rovesciata dalla propria area di rigore è, probabilmente, strappare un sorriso a Mario Mandzukic, da lui definito ‘Mister no good’. E mentre gli avversari innescano inutili polemiche, Evra se la spassa in aereo con il croato e Khedira.

Il primo obiettivo stagionale di zio Pat sarà vincere la Supercoppa. E magari, nel caso fosse necessario, stavolta Evra non esiterà a spazzarla. Perché il francese ha spesso dimostrato la sua resilienza e che dagli errori può nascer qualcos’altro. O come diceva qualcuno Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.

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