Alzi la mano chi si aspettasse un andamento diverso di questa partita: piccolo trotto, controllo assoluto, scarsa brillantezza ma concretezza, tre punti e primo posto nel girone. Non è stata una Juventus da leccarsi i baffi, ma forse sarebbe stato ridondante assistere ad una prova strabordante dei bianconeri a cavallo tra l’Atalanta e il derby. Anche perché va considerato il 4-5-1 ultradifensivo della Dinamo Zagabria, arrivata a Torino col chiaro intento di non prendere imbarcate, la mancanza di uno “sfogo” al gioco sulla sinistra (ci sarà pure qualche differenza tra Asamoah e Alex Sandro…) e in generale il ritmo blando dei bianconeri nel primo tempo. Ma primo posto doveva essere, e primo posto è stato, al netto degli inutili calcoli da provinciale. Un girone vinto con un po’ di fortuna (vedi Lione) e qualche attenuante alle partite non vinte, ma la squadra che vedremo a marzo sarà molto diversa da questa. Non ci piove.
Il 3-4-1-2 con cui la Juventus inizia la partita è un chiaro arabesco disegnato attorno a Pjanic, che gioca bene ma non benissimo, per quanto dimostri di gradire questa posizione molto più di quella da mezz’ala. Se lui arretra, Lemina avanza, se lui si allarga l’esterno dall’altro lato va dentro: i sincronismi ci sono, ma il ritmo è quasi da amichevole, di conseguenza l’allegra difesa dei croati riesce a sopperire ugualmente. Troppe palle alte dalla trequarti, robe che insegnano a non fare ai Pulcini, nessuna penetrazione a sinistra (vedi sopra), Higuain troppo statico a fronte della solita “irrequietezza” del devastante Mandzukic degli ultimi tempi.
Minuto 29′, si passa al 4-3-1-2: Cuadrado fa il terzino ma in realtà è una punta esterna, ci mancherebbe ora preoccuparsi di Pivaric e Fernandes, Lemina interpreta al meglio il ruolo della mezz’ala ma in generale il giro palla funziona meglio, anche se Pjanic sembra non sfruttare al meglio tutta la libertà che ha tra le linee. L’uomo in più in mezzo al campo si fa sentire soprattutto nel secondo tempo, quando la Dinamo (se possibile) arretra ulteriormente il baricentro e si consegna praticamente all’avversario con un 4-1-4-1 ultradifensivo. Il solo Ante Coric, negli ospiti, cerca di ragionare palla al piede: non basta, naturalmente.
Cosa resta di una partita così? La duttilità tattica di Allegri, l’assortimento della rosa, la condizione fisica in divenire, il rientro di Dybala, la conferma di Rugani, la consapevolezza che questa squadra può e deve migliorare. Perché il nome della Juventus, nell’urna di lunedì mattina, è uno dei più temuti in Europa: da qualsiasi squadra.
Gennaro Acunzo