Da qualche anno ormai gran parte degli appassionati di calcio vive nel ricordo di quelli che furono i meravigliosi anni della Serie A. Definita quella vera, avvincente e the best competition in the world. Quella combattuta e di qualità insomma, delle sette sorelle e dei loro campioni che il resto del mondo non poteva fare altro che ammirare. E sognare.
IL FASCINO CHE RITORNA – Disponibilità economiche ingenti, forte appeal all’estero, livello di tatticismo e tecnica così alto da far guadagnare al torneo l’etichetta di “più difficile al mondo”. Eppure, pian piano, qualcosa sembra ritornare alla base come fosse un boomerang lanciato circa vent’anni fa. Qualcosa che sembrava quasi non dovesse tornare più ad appartenerci, racchiusa nel complesso de “la grande bellezza” del nostro campionato. E dunque, a distanza di qualche anno dai primi mugugni e dalle prime esternazioni di malcontento, la Serie A torna pian piano ad affascinare davvero, a rendere incerti proclami e pronostici. Compresi quelli che già scontati.
NOBILI DECADUTE RITORNANO – Lo conferma anche la Roma di Dzeko-Perotti-Salah, che all’Atleti Azzurri d’Italia è stata messa sotto appena una settimana fa dalla sorprendente e giovane Atalanta di Gasperini, così come all’Olimpico di Torino dai granata di Mihajlovic, quest’ultimo tornato sergente in un ambiente forse più consono. Lo ribadisce il Napoli, anch’esso affondato a Bergamo da un gol di Petagna. Ma non solo. La stagione 2016/2017 ripropone due nobili decadute ai vertici del campionato: ovvero Milan e Lazio. Nel loro insieme queste squadre lottano contro l’aspettativa generale che tutto sommato ancora non crede al ritorno di questa bellezza e di questa concretezza, come se da un momento all’altro le sorprese possano tornare a deludere, e che pure la fortuna prima o poi volterà loro le spalle.
UN CALCIO ALLA NOSTALGIA – Questa Serie A potrebbe zittire i soliti nostalgici scassapalle (compreso chi scrive, anche se per motivi un po’ differenti e più legati al business), che da anni sostengono quanto la qualità generale del torneo made in Italy sia bassa. Sciatta addirittura.
Tutto ciò – è bene sottolinearlo – lo permette anche la Juventus, nonostante gli evidenti meriti altrui, che spesso gioca male e non risulta all’altezza di se stessa, prima ancora che dell’avversario. E in campi come quelli di Bergamo, di Genova o dell’altra sponda di Torino, con squadre che vanno a mille (e che si esaltano maggiormente quando ospitano la capolista), al netto di assenze pesanti e fatiche europee diviene tremendamente dura reggere l’urto dell’impatto. Un po’ come lo era ai tempi del Tardini, ma anche del vecchio Friuli di protagonisti divenuti vintage come Turci e Sosa (chi ricorda il 2-2 del ’98?).
Rocco Crea (Twitter @Rocco_Crea)
This post was last modified on 27 Novembre 2016 - 21:46