“Mira(-lem) hay Pjanic!”, “Guarda c’è Pjanic!”.
Se viaggiamo un po’ con la mente e ci spostiamo all’interno del Ramón Sánchez–Pizjuán, troveremo sicuramente un bambino, un ragazzo o un adulto, che al minuto 83 si sia girato e abbia scherzato così con il proprio vicino di seggiolino. Eh sì, perché questa è l’opinione condivisa, soprattutto sui social network, in merito alla prestazione di Miralem Pjanic: a Siviglia il bosniaco è stato quasi un fantasma, tanto da non accorgersi della sua presenza. Vero? Fino ad un certo punto. Non è stata la sua miglior partita, e quella vista fino ad ora non è sicuramente la versione migliore del centrocampista bosniaco, ma il discorso che ci interessa è un altro, più generale.
Chi è Miralem Pjanic? Come lo si apprezza?
Ora, forse, messo in chiaro questo primo punto, si può cercare una risposta al primo interrogativo, “Chi è?”. Un giocatore capace di acuti geniali, che però ogni tanto deve spogliarsi di questa dote. Infatti, il genio è tale quando e perché si distingue dalla normalità, ma ritornare in essa è una qualità altrettanto importante, perché il genio non cessi di esistere, livellato dalla quotidianità.
Pjanic è il quid in più della Juventus, che a tratti incanta l’ambiente bianconero, ma che ancora deve conquistarlo completamente, allontanando l’idea di un confronto con il predecessore, per aprirsi alla più semplice ammirazione del presente. E in Mire c’è molto da ammirare.
Ma il genio è così, magari rimane sottotraccia per un po’, sembra annaspare (come nella gara di ieri sera, in cui comunque ha completato con successo 37 dei 46 passaggi tentati, creando due occasioni), ma invece pensa, immagina, riflette, e poi all’improvviso toh. Eccolo. Esce con un guizzo e lascia la sua impronta, il suo marchio indelebile.
Ecco dunque che se si cambia prospettiva, distaccandosi dall’apparenza iniziale – basata su una semplice quanto falsa equazione: niente assist/niente gol = brutta prestazione – si capisce e si rispetta il genio per quello che è: creazione istantanea e improvvisa, che fiorisce nella riflessione e si accumula pazientemente prima di esplodere nella sua manifestazione più raggiante.
Così, probabilmente, anche la frase pronunciata all’inizio prende tutto un altro significato… abbandona lo scherno e si prende l’ammirazione: “Mira(-lem) hay Pjanic!”.
This post was last modified on 23 Novembre 2016 - 19:11