Un’empatia che non c’è. Almeno, non ancora. Il motivo? Ignoto. Nonostante le indiscutibili qualità, l’avventura di Miralem Pjanić a Torino stenta a decollare. Un inserimento graduale, fin troppo. Specie per chi si aspettava che il bosniaco prendesse le chiavi del centrocampo bianconero aspettando il rientro di Marchisio. Semplicemente non è stato così. Anche se i motivi per lamentarsi, in teoria, non ci sono. I buonisti potrebbero appellarsi ai numeri, alle 3 reti e ai 4 assist in 11 partite. Ma le giocate estemporanee non bastano più. Non in questa Juve, alla perenne ricerca di un leader tecnico che la sappia prendere in mano. E stringerla, forte, per farla sentire più sicura.
Un dilemma amletico, il cui motivo conduttore è il procrastinare, proprio come nella famosa tragedia di Shakespeare: a una prestazione positiva si alterna una pessima. E la risposta all’interrogativo viene rinviata. Mercoledì il Lione. Un’altra tappa nell’enigmatico mondo di Miralem Pjanić, da scoprire fino in fondo. Perché ciò che non si conosce affascina. Ma fino a un certo punto…
This post was last modified on 1 Novembre 2016 - 15:11