Lo scorso anno è stato grande protagonista con la Primavera della Juventus, guadagnandosi anche l’esordio in Serie A con la maglia bianconera. Poi, l’estate di Andrea Favilli è stata travagliata e alla fine non ha cambiato colori, ma città sì. La sua prima esperienza tra i professionisti è ad Ascoli, in B, e noi l’abbiamo sentito, per capire un po’ come si sta trovando e cosa gli è rimasto dell’avventura con la Primavera agli ordini di Fabio Grosso. Con quei trofei sfiorati e che, probabilmente, sarebbero stati meritati. Ringraziamo, ovviamente, Andrea e l’ufficio stampa dell’Ascoli Picchio.
Partiamo dal presente: come stai? Come ti trovi ad Ascoli?
Sto recuperando, ho avuto una leggera distorsione al ginocchio, che ha formato un po’ di versamento, ma nulla di che, sto facendo potenziamento in palestra e rientrerò fra qualche giorno. Ad Ascoli mi trovo molto bene, mi sono ambientato fin da subito sia con i compagni che con la città, vivo in centro, la città mi piace molto.
Il gol fatica ad arrivare e la squadra non ingrana: come stai affrontando questo momento?
È un momento difficile perché oltre a mancare il gol scarseggiano anche i risultati, ma sono tranquillo perché penso che continuando a lavorare il gol non tarderà ad arrivare.
Quali sono le più grandi differenze tra il mondo della Primavera e quello dei professionisti? Hai patito il ‘salto’? Quali le difficoltà maggiori e cosa invece è stato più semplice di quanto magari avresti pensato?
Sicuramente c’è la pressione legata al risultato, se non fai risultato in Primavera non succede niente, ma se non lo fai in prima squadra cambia, c’è maggiore responsabilità. No, il salto non l’ho accusato fortunatamente. Comunque se in una gara di Primavera ti capitano 3-4 occasioni per fare gol, in Serie B te ne capita una o forse due, quindi devi essere bravo a finalizzarle. Forse mi aspettavo più difficile l’inserimento in un gruppo di prima squadra e invece è stato più facile del previsto.
Lo scorso anno per te è stato eccezionale, peccato per quelle finali. Pensi ancora a quel rigore contro la Roma? Come hai reagito?
Non penso ancora a quel rigore, però è chiaro che mi avrebbe fatto piacere regalare lo scudetto alla squadra, lo meritavamo. I giorni seguenti sono stati difficili, ma per fortuna sono partito subito in ritiro con la Nazionale Under 19 per l’Europeo e questo ha facilitato le cose.
Ad Ascoli hai ritrovato Cassata. Com’è il vostro rapporto? Ti manca il gruppo dello scorso anno?
L’aver ritrovato “Franci” è stata una casualità strana perché alla Juventus siamo arrivati insieme e anche la prima esperienza di club la stiamo facendo assieme, meglio di così non potevo chiedere. Sì, il gruppo dello scorso anno mi manca molto, ma ci sentiamo spesso, un gruppo spettacolare. In Under 20 qualche giorno fa ho rivisto Romagna e Audero.
E a proposito di quel gruppo, ci racconti che tipo di allenatore è Fabio Grosso?
È un allenatore che mi ha insegnato veramente tanto, penso che tutti i calciatori che abbia allenato siano cresciuti tantissimo con lui, è uno che insegna il calcio e poi è una persona veramente incredibile.
L’estate ti ha visto, tuo malgrado, protagonista. Raccontaci un po’ come l’hai vissuta.
Ho affrontato l’Europeo con una condizione psicologica difficile per le situazioni di mercato che mi stavano riguardando; a fine luglio ho terminato l’esperienza in Nazionale e poi è arrivata la chiamata dell’Ascoli, che mi aveva cercato fin dopo il termine della stagione; ho scelto la piazza bianconera perché ritenevo che fosse la più giusta e adeguata per la mia crescita.
Intervista realizzata da Edoardo Siddi