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Editoriale

Spalletti vuole cambiare marcia. Strano ma vero, ecco perchè se lo augura anche la Juventus

Otto giornate già disputate, 18 punti messi in cascina e primato consolidato grazie alle sei vittorie ottenute ed all’unica sconfitta patita. E’ il cammino della capolista Juventus alla vigilia dello stop dovuto alle gare di qualificazione delle nazionali, che pur senza entusiasmare in termini di gioco ha inanellato punti fondamentali non soltanto per accaparrarsi la prima piazza, ma anche per staccare il Napoli secondo a +4.

IL BELLO E CATTIVO TEMPO – Quello del campionato di Serie A lo fa sempre la squadra bianconera, recenti dati alla mano. Un anno fa infatti, alla decima giornata, la Vecchia Signora stazionava addirittura al dodicesimo posto in classifica toccando il punto più basso stagionale dopo la sconfitta di Reggio Emilia contro il Sassuolo, peraltro lasciando credere a molti l’impossibilità di riprendere il treno per la corsa scudetto ormai apparentemente andato. L’entusiasmante cavalcata condotta dalla compagine di Allegri qualche mese dopo però, non soltanto dovette far ricredere gli stessi avversari/addetti ai lavori e media sbilanciati (non per forza con malizia), ma fece registrare una sensazione pressoché allarmante per il resto della truppa Serie A: la Juventus crea, la Juventus distrugge e rinasce. Ciò che può sembrare un delirio di onnipotenza, in realtà determina l’enorme difficoltà da parte del resto delle squadre accreditate alla lotta per il tricolore, che di fatto non riescono a reggere il passo di Madama concretamente se non per qualche mese. Ed a rimetterci non può che essere l’intero sistema calcio.

2° CAPELLO. 165 presenze con la Juventus, 65 con il Milan. Già da calciatore, può considerarsi una figura importante per entrambi i club. Da allenatore? Pure. Con i rossoneri rivoluziona il calcio: perché nell'era post Sacchi, il mister colleziona 5 scudetti e 3 Supercoppe italiane, oltre ad una Champions nel '94 con conseguente vittoria nella Supercoppa europea. In bianconero, due anni e due scudetti.
2° CAPELLO. 165 presenze con la Juventus, 65 con il Milan. Già da calciatore, può considerarsi una figura importante per entrambi i club. Da allenatore? Pure. Con i rossoneri rivoluziona il calcio: perché nell’era post Sacchi, il mister colleziona 5 scudetti e 3 Supercoppe italiane, oltre ad una Champions nel ’94 con conseguente vittoria nella Supercoppa europea. In bianconero, due anni e due scudetti.

SERIA A DETERIORATA – Perchè se è vero che i tifosi juventini gongolano in virtù di una superiorità evidente della loro squadra, il resto del campionato è come se accusasse una forma di deterioramento auto-inflitto. Innanzitutto le milanesi, letteralmente scomparse dal panorama (nazionale) del calcio che conta, e di fatto impossibilitate da anni dirigenziali a dir poco travagliati a far parte di un copione che altrimenti avrebbe registrato il solito senso unico tipico degli anni ’90 e 2000. Questo declassamento ha fatto sì che Napoli e Roma le rimpiazzassero nel ruolo di protagoniste del campionato, anche se in verità azzurri e giallorossi non sono mai riusciti a scucirsi di dosso definitivamente il ruolo di mere antagoniste dei bianconeri. Probabilmente ci riusciranno soltanto nel momento in cui bloccheranno il ciclo di vittorie portato avanti dal 2012 da Buffon & company, vestendo quindi il ruolo di protagoniste assolute. Del resto ciò che serve per ottenere le consacrazioni sono le vittorie, molto più dei proclami.

CAMBIO DI MARCIA – Lo sa bene Luciano Spalletti, tecnico della Roma che al margine dell’invito a San Siro nella riunione con gli arbitri ha dichiarato: “Noi dobbiamo essere bravi a fare la Roma. La Juventus è stata forte a prendersi questo piccolo vantaggio anche senza esprimere il massimo sotto l’aspetto del gioco. Noi dobbiamo cambiare marcia per stare dietro, abbiamo concesso un po’ di margine che loro sapranno gestire bene”. Ecco, sarebbe il caso che le principali rivali odierne della Juventus finalmente riuscissero nel loro intento, che innanzitutto riguarda l’aspetto della continuità, non tanto nel gioco quanto nei risultati. Chi ci guadagnerebbe? Innanzitutto, è chiaro, la bellezza del nostro calcio e la sua competitività. Assistere ad un percorso incerto anziché ad uno tutto sommato scontato, tenuto in vita più che altro dalla lotta per la conquista della zona Champions o da quella per non retrocedere, fa male all’intero movimento calcistico. Si pensi intanto all’attrattiva di basso livello che questo costituisce per la visione all’estero della Serie A, ad esclusione dei (pochi) big match, che fra l’altro poche volte hanno conosciuto esisti non troppo annunciati. Chiaro che, a confronto, la Premier League con una buona schiera di club papabili per la vittoria finale risulti tutt’altra cosa.

BASSO LIVELLO AD ALTA QUOTA – Anche perchè in fondo non è vero che le squadre di media o bassa classifica del nostro torneo non valgono quelle di una stessa Premier o di un altro campionato europeo di prima fascia. E’ diverso il calcio, tatticamente malato e complesso in Italia, ma anche il modo di interpretarlo e leggerlo. Tuttavia, la difficoltà di incontrare squadre come il Torino di oggi o il Bologna, ma anche e soprattutto il Sassuolo (che in Europa specialmente sta dimostrando il suo indiscusso valore) rimane invariato rispetto a compagini british come Southampton o Watford. E’ dunque una questione d’altura, dove effettivamente, nel complesso, un campionato come quello d’Oltremanica rimane nettamente superiore. In verità, all’Italia del calcio mancano (e non poco) proprio le squadre di Milano. Non per niente Milan ed Inter sono le più titolate ad eccezione della Juventus, e tutto sommato le uniche in grado di aprire cicli vincenti alternandoli proprio a quelli dei bianconeri, come la storia insegna. Adesso si attendono novità dalle proprietà cinesi, aspettando di conoscere la forza degli investimenti che verrà adottata per riportare nel minor tempo possibile il calcio all’ombra della Madonnina su tutt’altra scena.

JUVE, IN ITALIA E’ ALLENAMENTO – In tutto ciò, dicevamo, la Juventus vince e nel complesso convince. La squadra bianconera è un’armata che gode già dei favori del pronostico ai nastri di partenza del torneo, e la sua forza più grande è certamente quella di mantenere con freddezza un divario costante con le altre, sia in termini di punti che di gioco e qualità della rosa, di fatto annichilendo alle prime difficoltà le speranze di rivaleggiare da parte di queste ultime. Insomma, l’ultimo vero testa a testa del campionato lo si ricorda nel 2011/2012, fra la prima Juventus di Conte ed il Milan di Ibra e Allegri. E la scarsa competizione presente nel torneo made in Italy ha sicuramente condizionato in parte anche i cammini europei della Juventus, specialmente nei primi anni dal ritorno. Una Juve abituata tutto sommato ad una pressione leggera in campionato, ha dovuto far fronte a quella decisamente più pesante relativa ad una competizione prestigiosa dove il più piccolo dei passi falsi può generare, come visto nella fase a gironi 2013-2014, anche un’uscita amara e anticipata rispetto alle previsioni. Al netto di tutte le colpe sacrosante imputabili ad una squadra che talvolta ha affrontato avversari comunque ampiamente alla portata col motore sotto giri e con un pizzico di sufficienza (si pensi al Benfica in semifinale di Europa League, allo Shakthar in casa, allo stesso Galatasaray sempre allo Stadium o col Siviglia nell’attuale edizione), il dover svolgere un allenamento lungo circa 30 partite in Italia non ha sicuramente agevolato l’alta tenuta ritmica e nervosa dei bianconeri al di fuori dei confini nazionali.

ASPETTANDO (ANCORA) LE ALTRE – Ad ogni modo, a seguito delle batoste subite e delle sconfitte inevitabili, la Juventus è comunque riuscita a cambiare marcia anche in Europa nel corso di breve tempo, giungendo alla conquista della finale nel 2014-2015, e perdendo soltanto ai supplementari contro il solito Bayern l’accesso ai quarti di finale comunque apparsi alla portata del club presieduto da Agnelli. Un’inversione di marcia, conquistata attraverso qualche delusione di troppo, ma che ad oggi ha portato Nedved a dichiarare “vogliamo vincere la Champions, ci proveremo”. Chissà quando questa inversione del trend cambierà concretamente anche in Italia, aspettando che le big tornino a recitare un ruolo meno improvvisato da tali e più concreto. Chissà, allo stesso modo, quando la Juventus tornerà ad avvertirle come vere minacce, comprese – magari già dall’anno prossimo – anche Milan ed Inter. Quel giorno, ne siamo certi, ringrazierà anche la Serie A.

Rocco Crea (Twitter @Rocco_Crea)

This post was last modified on 12 Ottobre 2016 - 13:13

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