E’ stato l’acquisto più oneroso della storia del calcio – 105 milioni di euro pagabili in due anni – e, come ogni illustre addio che si rispetti, anche fra i più lunghi e chiacchierati dall’opinione pubblica in fase di trattativa a tal punto da divenire materia da gossip quasi più che calcio stesso.
DIFFIDENZE – La versione 2.0 di Pogba al Manchester United, però, non sembra aver goduto sin dal principio di troppi abbracci caldi. Difatti, ai piedi dell’Old Trafford l’aria di diffidenza generata dalla cifra-monstre che ha portato al ritorno del polpo in Inghilterra, ha posto comunque sul chi va là buona parte dei tifosi, che sin dal 9 agosto (giorno dell’ufficialità) hanno cominciato a chiedersi se quello effettuato dai Red Devils non costituisse un esborso tutto sommato esagerato, pur senza dubitare delle qualità tecniche del centrocampista francese. Nulla di dovuto insomma, nonostante la follia economica del club necessaria per strapparlo alla Juventus, nonostante gli indizi (cresta rossa in onore dello United, scatto rubato sulla lavagna tattica di Mourinho, maglia autografata al tifoso) che per tutta l’estate hanno infiammato le prime pagine dei tabloid e contribuito alla spettacolarizzazione del trasferimento più discusso della storia di questo sport. A Manchester, come del resto nella maggior parte delle piazze importanti del pianeta, il consenso e l’amore dei supporters va guadagnato sul campo, che alla fin fine rimane l’ultimo baluardo a difesa del mero gioco e in qualche modo della meritocrazia calcistica, al di là del business, delle dichiarazioni e delle trovate pubblicitarie di ogni sorta.
TESTIMONIANZE – E nel regno appartenuto nel recente passato a guerrieri del calibro di Roy Keane, Eric Cantona, Teddy Sheringham e Peter Schmeichel, non contemplare la concretezza in termini di gol, assist e giocate rappresenta sicuramente un aspetto suicida a lungo andare. Ma non solo, anche nel breve periodo si direbbe, considerando i primi malumori sorti a causa delle prestazioni scialbe di Pogba. E’ il caso di Paul Scholes, altra grande stella del Manchester United, che di recente ha dichiarato: “Pogba ha bisogno di giocare in un centrocampo a tre come nella Juve, dove per tre anni è stato sensazionale”. E le parole dell’ex Liverpool Kuyt, a tal proposito, implementano il disagio legato alla tipologia di gioco che l’asso francese starebbe soffrendo in questo avvio di stagione: “Durante tutto il primo tempo (Feyenoord-Manchester United 1-0 di E.L., ndr) Pogba ha urlato contro i suoi compagni di squadra e all’intervallo nello spogliatoio le sue urla erano ancora più forti. Ce l’aveva con tutti perché stavano sbagliando, ma il problema è che lo United sa giocare solo in un modo, ovvero in contropiede, e quando gli impedisci di farlo, allora sai che puoi avere una possibilità”. Eppure il calcio di Mourinho è noto a tutti da tempo: difesa e ripartenza, con ben poco spazio lasciato alla spettacolarità della manovra, che invece esalterebbe le qualità e le doti tecniche enormi del polpo.
LA BOCCIATURA E LA DIFESA – Il gol (primo in assoluto con la maglia dei Red Devils) messo a segno nel 4-1 rifilato ai campioni in carica del Leicester il 24 settembre, non ha affatto ottemperato le pretese di pubblico e critica, visto che da uno come Pogba è lecito attendersi sempre (o quasi) quel qualcosa in più che giocatori “normali” non possono garantire per definizione, se non in modo occasionale. France Football non pone filtri all’aspra critica mossa nei confronti delle prestazioni offerte Oltremanica da Pogba, definendo “ancora molto lunga” la strada verso il Ballon d’Or, parlando addirittura di “progresso arrestato” nel percorso di crescita e puntualizzando la lontananza dall’essere considerato come un leader dai compagni. E, per un ragazzo classe 1993 che ha già disputato (e perso) due finali importanti a livello internazionale, un giudizio così duro, ma per certi versi provocatorio, non può che essere considerato un pugno allo stomaco. Tuttavia, a difenderlo ci ha pensato il c.t. della Francia Deschamps, che del giocatore più rappresentativo della nazionale transalpina ha riferito: “Ha cambiato squadra e deve ancora trovarsi con i nuovi compagni. Ha bisogno di tempo. Con Paul tutti si aspettano sempre di più. Quando fa qualcosa di normale, spesso non basta. Le aspettative sono troppo grandi nei suoi confronti“.
Solo che parlare di aspettative troppo grandi appare quantomeno fuori luogo, specialmente a fronte di una spesa complessiva di 105 milioni di euro che ad oggi vale il primato nella classifica delle follie di mercato. Certo è che pure una grande star deve godere di quel diritto all’ambientamento sacrosanto, tuttavia non si può pretendere la normalità dai campioni. Non nelle giocate in campo, al netto della giornata negativa che fa parte del gioco, e nemmeno sotto l’aspetto caratteriale. Un campione come Pogba è anche un ragazzo che si è posto degli obiettivi personali importanti e senza mai nascondersi: fatto raro in un mondo dove la dichiarazione di circostanza spadroneggia un po’ ovunque. E raggiungere la personale vetta del Pallone d’Oro ed essere considerato il migliore al mondo richiede molto più della normalità, specie nell’epoca in cui Messi e Ronaldo hanno fatto credere a molti che in fondo gli alieni esistono. Occorre dunque fare il gigante in mezzo ai grandi e prendere per mano un reparto prima, un’intera squadra poi. Serve portare palla ma anche recuperarla, spronando i compagni a fare lo stesso senza risparmiarsi e, sembrerà impossibile, anche decidere le partite più difficili ponendo direttamente la firma sul tabellino marcatori è roba che conta. Eccome se conta. E’ tutto questo che costruisce il top player di caratura mondiale e che giustifica la follia finanziaria. Ma Pogba, che oltre a possedere i colpi del fuoriclasse è anche un ragazzo con la testa sulle spalle, tutto questo lo sa bene. Il polpo non è certo il tipo di giocatore che in una partita importante come il derby di Manchester si eclissa dalla scena, guardando impotente la sua squadra perdere il match. Andate a dirlo ai tifosi dello United che il giocatore da 105 milioni ha bisogno di ambientarsi prima di rendersi quantomeno utile alla causa. Anzi, ci provi Deschamps. Mentre il compito (e il dovere) di essere normali lo lasci ad altri.
RIMPIANTO – Eppure, nonostante l’avvio deludente in Premier League, in Italia c’è ancora chi sente fortemente la mancanza di Pogba. Alla Juventus specialmente, che il francese non è riuscito a rimpiazzarlo neanche con un sostituto all’altezza per metà delle sue capacità. Witsel difatti alla fine non è arrivato (si tenterà nuovamente a gennaio), e comunque il belga non ha mai acceso gli entusiasmi del popolo bianconero, in parte anche costernato per una perdita tecnica considerata clamorosa. Ma com’è che Pogba a Torino è riuscito a diventare un simbolo, indossando addirittura la maglia numero 10, ed a Manchester non pare neanche aver individuato la strada per lasciarsi alle spalle questa maledetta normalità? Il gioco imposto dal tecnico portoghese, poco propenso ad esaltare la disarmante tecnica del centrocampista francese, in effetti potrebbe essere la chiave di lettura più importante al di là dell’ambientamento al nuovo spogliatoio. Inoltre, la stessa posizione tattica all’interno del 4-2-3-1 spolverato da Mourinho condiziona (e non poco) l’estro di Pogba, fortemente ridimensionato nel ruolo di rubapalloni con la complicità di Fellaini ed Herrera, che di certo non sono esattamente Marchisio e Khedira. Insomma, quello che traspare da questo primo scorcio di avventura inglese, è un Pogba partito con l’intento di andare a recitare il ruolo di protagonista di un colossal milionario con un cast d’eccezione, ed invece finito con il recuperare palloni e confondersi (talvolta sparendo del tutto) in mezzo al resto delle maglie rosse. E per comprare un onesto gregario c’era bisogno di spendere 105 milioni?
Rocco Crea (Twitter @Rocco_Crea)
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