Giocare in Champions League non è solo roba da palati fini o scarpette di cristallo. Nella prima fase, infatti, la coppa non è soltanto mero affare dell’Europa dei ricchi e dei forti, dell’espressione di classe ed eleganza in campo, del bel gioco o della velocità. Sfaccettature differenti e ben accette queste, che hanno reso grandi i club più blasonati grazie ai più grandi campioni annoverati tra le loro rose e che determinano chiari vantaggi certo, ma non da subito. Non in una prima fase in cui oltre a ciò conta parecchio anche la fame e la voglia di emergere. Il prosieguo del torneo richiederà di interpretare il calcio come arte man mano, “accontentandosi” invece di qualche garra in più nella fase a gironi ed offrendo trasferte ostiche quanto proibitive talvolta, se non altro per un fattore climatico da non sottovalutare.
L’INFERNO DEL’EST – Potrebbe essere il caso della Juventus a Zagabria, nell’esordio in trasferta che i bianconeri affronteranno contro la Dinamo degli ex Mandžukić e Pjaca. Roba tosta la Croazia, preludio dell’inferno rappresentato dagli stadi serbi in cui si gioca uno dei derby più accesi del pianeta, ovvero quello fra Stella Rossa e Partizan Belgrado. E, a proposito di Stella Rossa, di inferno e di stadi ostili, rimane famoso ancora oggi lo scontro fra gli ultras serbi e quelli croati della Dinamo nel 1990, passati alla storia per il calcio che Boban rifilò ad un poliziotto durante i tafferugli fra tifoserie, e degenerati anche in virtù di un’antica rivalità interna dovuta al campionato jugoslavo di cui entrambe le compagini facevano parte, retroscena legati al mondo politico a parte. Erano altri tempi quelli. Tempi in cui le squadre dell’est, al di là delle vicissitudini extra-calcistiche, in Europa erano capaci di dire la loro e godere del rispetto (quello vero però, non di facciata) anche da parte delle corazzate dell’ovest. Giocare contro di esse significava compiere trasferte impegnative e difficili, anche per via di un tifo contrario decisamente incandescente ed incessante. Un’ora e mezza di fuoco e di passione dove restare vivi e in gara qualche volta costituiva già un risultato degno di nota.
IL RITORNO DEI BAD BLUE BOYS – A Zagabria sono cosi, e la Juventus è grossomodo questo che affronterà oltre agli undici avversari in campo. Antolic e Coric, infatti, potranno contare sul sostegno di uno stadio bollente, pronto a salutare la prima in Champions tra le proprie mura con il solito frastuono che caratterizza ogni evento di questa portata. Contro i bianconeri, infatti, torneranno anche i Bad Blue Boys, il principale gruppo di tifosi della squadra croata in sciopero sino a qualche giorno fa a causa della cattiva gestione del club, oltre che per via della figura non esattamente cristallina di Zdravko Mamic, accusato in un comunicato di potere eccessivo all’interno del sistema calcio e di altre strutture, anche se diminuito negli ultimi tempi. Solo che in Champions è tutt’altra storia, e le trasferte sono rese complicate soprattutto dal fattore dodicesimo uomo, che per la Juve rappresenterà un ottimo banco di prova con cui doversi misurare. Del resto, per puntare ai massimi livelli della competizione occorrerà svolgere il ruolo della big proprio in campi del genere, che altro non sono che primi scogli buoni a forgiare la tempra e le gambe, la corsa e lo spirito di sacrificio di ogni elemento, fortificando il gruppo come se questo andasse ad espugnare una piccola fortezza sportivamente ostile. E’ anche così che si cresce, soprattutto alla prime battute di una competizione lunga come la Champions League, che in seguito lascerà spazio sempre più ad elementi e caratteristiche più fini come la classe e l’estro dei suoi campioni.
OCCHIO AL PASSATO – Ripensare, anche solo per un attimo agli anni ’90 sarà fondamentale per alimentare lo spirito guerresco e battagliero legato a questo sport. Non per nostalgia, ma per proporre esempi concreti e tangibili già vissuti dai colori di Madama in un passato neanche troppo lontano. Era il marzo del 1997 infatti, quando Christian Vieri pareggiava i conti esattamente dopo un minuto dalla rete di Soltvedt nel gelo e nella neve di Trondheim contro il Rosenborg (che nel girone fece fuori addirittura il Milan). Una prova di forza, quella condotta dagli uomini di Lippi, che dovettero affrontare non solo un valido avversario nella piccola bolgia del Lerkendal Stadion, ma anche un clima estremamente ostile. Lo stesso avvenne per i quarti di finale disputati a Kiev l’anno successivo, contro la Dinamo d’Ucraina. La compagine di Shevchenko e del colonnello Lobanovskiy, reduce da un ottimo 1-1 ottenuto al Delle Alpi, si preparava a ricevere la Juventus forte del tempio Olimpiyskiy e dei suoi 80.000 tifosi pronti a sostenere il passaggio della squadra di casa in semifinale. In quell’occasione la Juve disputò invece la tipica partita da big team, spazzando via il sogno ucraino con un perentorio 4-1 ed ottenendo così la qualificazione. E ancora, a proposito di tempi caldi, il 2 dicembre 1998 corrisponde certamente all’ennesima data da prendere in esame, con la trasferta dell’allora Ali Sami Yen Stadyumu di Istanbul per l’incontro della fase a gironi contro un avversario storicamente ostico come il Galatasaray, all’epoca allenato da Fatih Terim. Amoruso riuscì a gelare il rumorosissimo pubblico turco, anche se i bianconeri non ressero la spinta di Hakan Sukur & company, facendosi raggiungere proprio al 90′.
Ed allora sarà meglio tenere conto anche del passato per Massimiliano Allegri e i suoi ragazzi, perchè di storia la Juve ne ha fatta. Parecchia. E di tanto in tanto ripassarla potrebbe aiutare nella preparazione di un futuro roseo. Anche se il tecnico toscano, ne siamo certi, innanzitutto preferirebbe preparare al meglio soltanto la trasferta di Zagabria provando a fare risultato. Poi verrà il resto.
Rocco Crea (Twitter @Rocco_Crea)
This post was last modified on 28 Settembre 2016 - 15:11