Finanza parallela, Tpo e corruzione: l’inchiesta del Telegraph, che ha investito il ct Allardyce, ha aperto il vaso di Pandora del calcio inglese. Circa un miliardo e mezzo di euro spesi nell’ultima estate, tra Premier League e Championship: un flusso di denaro gigantesco, che ha attirato anche tanti malintenzionati.
Il giornale inglese racconta di aver iniziato quest’indagine circa un anno fa, dopo aver saputo che alcuni dirigenti, manager e agenti si scambiavano denaro per condizionare il mercato dei trasferimenti. Il Telegraph anticipa che sono coinvolti personaggi di alto profilo: un vice-allenatore e una importante figura di società della Premier League; agenti e manager.
Allardyce in trappola
Il primo a cadere nella trappola mediatica è stato Sam Allardyce, attuale ct dell’Inghilterra, ma nei prossimi giorni lo scandalo si allargherà. Allardyce è stato contattato da due investitori asiatici, che in realtà erano due giornalisti del tabloid inglese. Una situazione simile a quella di Sven-Göran Eriksson, qualche anno fa: lo svedese, convinto di parlare con uno sceicco, fece rivelazioni scottanti.
Allardyce ha parlato di vari aspetti del calcio inglese, criticando molto duramente l’ex ct Hodgson, definito “poco incisivo”. Inoltre, ha sottolineato l’influenza negativa di Gary Neville su quest’ultimo. E ha commentato la decisione della Fa di ricostruire Wembley, definendola “stupida, perché ne stanno ancora pagando i debiti”. Non un ottimo bigliettino da visita, per lui.
La Fa, la federazione calcistica inglese, è stata contattata prima della pubblicazione. Tuttavia, si è rifiutata di commentare, ma ha richiesto le trascrizioni complete degli incontri con Allardyce.
Conflitto d’interesse
Allardyce, ignaro della copertura dei due, ha cercato poi di usare il suo – allora prossimo – ruolo da ct della Nazionale per strappare un contratto come consulente. Un contratto importante, nell’ordine delle 400mila sterline all’anno – circa 460mila in euro -, da firmare con un’agenzia di Singapore.
È chiaro che la posizione sarebbe stata incompatibile con l’incarico da commissario tecnico. I calciatori che si sarebbero affidati all’ipotetica agenzia avrebbero potuto ottenere un trattamento diverso da parte di Allardyce.
I guadagni illeciti
Ma c’è di più: il tecnico ha assicurato che gli investitori avrebbero potuto guadagnare direttamente sui cartellini, tramite una Third party ownership. Il ct ha assicurato che non ci sarebbero stati problemi e che quello era il modo migliore per fare affari. Una pratica in teoria vietata dalla federazione inglese – Allardyce ha definito “ridicolo” il regolamento della Fa in materia – e dalla Fifa, ma nei fatti molto comune.
- Allardyce ha assicurato che non ci sarebbero stati problemi per bypassare il regolamento federale in merito di Tpo.
- Ha spiegato come la pratica sia diffusa in Sudamerica, in Africa e in alcuni paesi europei. Ma ha rivelato che anche alcuni agenti inglesi fanno affari in questo modo.
- Si è detto disponibile a fare da consulente per una ipotetica agenzia asiatica, nonostante il suo imminente incarico da ct della Nazionale inglese.
- La Fa, la federazione inglese, ha chiesto le trascrizioni delle conversazioni al Telegraph. Si aspetta, ora, la decisione dei dirigenti.
Come ha confermato l’allenatore, infatti, è diffusa in tutto il Sudamerica, in Africa e anche in Europa – per esempio, in Portogallo e Spagna. Non solo: ha anche svelato che diversi agenti inglesi sono soliti a operare in questo modo. Tanto che, secondo lui, il modo migliore per controllare un calciatore è controllare il suo procuratore.
Cos’è una Tpo?
Qualche tempo fa, ve ne abbiamo parlato: una Tpo è una società, spesso formata da procuratori o investitori, che acquista cartellini di calciatori. Quasi sempre, questi gruppi lasciano una percentuale alle società, tenendo per sé la maggior parte dei ricavati.
I critici sostengono che tale pratica sia una forma di schiavitù, perché gli atleti diventano proprietà di terzi e il guadagno viene anteposto alla loro carriera sportiva. Capita che i calciatori interessati vengano spostati in prestito, anno dopo anno, solo per aumentare il loro valore sul mercato.
Il caso di Estigarribia
È il caso, per esempio, di Marcelo Estigarribia: arrivato alla Juventus, in prestito dal Deportivo Maldonado, non è rimasto a causa del mancato riscatto dai parte dei bianconeri.
In un’intervista a Sportweek del settembre 2014, però, il paraguaiano ha rivelato: “Il mio cartellino era di proprietà di uno fondo d’investimento, la General Soccer Management. Mi aveva già spedito in Francia e per il mio riscatto pretendeva cinque milioni di euro. La Juventus mi avrebbe tenuto, ma non aveva intenzione di spendere tutti quei soldi. Così alla Samp: ho giocato 34 partite su 38, eppure non sono rimasto, per lo stesso motivo”.
Estigarribia ha poi spiegato che il suo era stato un grave errore, dovuto alla giovane età. Pensava, infatti, di poter giocare tranquillamente ovunque, ma con il tempo si è reso conto di essere trattato come un pacco postale. La sua è una delle tante storie che si celano dietro questo mondo.
I paradisi fiscali calcistici
Un mondo fatto di personaggi come quelli che si sono presentati ad Allardyce, ma con soldi reali e intenzioni tutt’altro che sportive. E fatto anche di società proprio come il Deportivo Maldonado, che milita nella seconda divisione uruguaiana, ma capace di operare ogni anno per milioni di euro.
L’ultimo caso, forse il più eclatante, è quello di Jonathan Calleri: acquistato per 11 milioni di euro dal Boca, è stato rivenduto al West Ham in prestito oneroso per 5 milioni.
Ma tra le fila del club sudamericano, negli anni scorsi, è passato anche il bianconero Alex Sandro. Prima di andare al Porto, infatti, fu venduto a questa piccola società. Che ha principalmente una fortuna: avere sede in Uruguay. Il paese, infatti, ha una tassazione molto bassa sui trasferimenti dei calciatori, tanto da poter essere considerato un paradiso fiscale calcistico. Lo stesso Gonzalo Higuaín, nell’ambito della cessione dal River Plate al Real Madrid, è passato per il Locarno, anonima società svizzera.
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Allardyce: sarà addio
Insomma: quella scoperta dal Telegraph sembra solo la punta dell’iceberg. Anche se nell’ambiente britannico, di solito severo con i protagonisti di questi scandali, l’indagine potrebbe avere un clamoroso risalto. Allardyce potrebbe difendersi dicendo di aver solo descritto quelle pratiche, ma difficilmente l’impalcatura reggerà: si parla già di licenziamento e di possibili sostituti.
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