Beato chi si è sorpreso! Incredulità e costernazione per la kafkiana esibizione bianconera sul rettangolo verde dello stadio Peppino Meazza, quartiere San Siro, in Milano, sono forse i moti che agitano gli animi di quanti, ingenuamente, hanno sopravvalutato le risultanze scaturite dalla sessione estiva del mercato o, ancor peggio, di coloro che accreditano all’allampanato tenutario della panchina zebrata qualità di fatto mai avute;
detti umori, non possono invece appartenere a chi si astiene dal semplice guardare, ma cerca di vedere e distinguere la polvere di stelle da quella ordinaria, l’oro dalla pirite, l’autenticità del merito dalla sfacciata benevolenza di Eupalla, la lungimiranza di un progetto dalla miope convenienza spicciola.
La Juventus che si è consegnata mani e piedi a una meritatissima sconfitta, rimediata peraltro contro l’avversaria più invisa, è la figlia indesiderata nata da un rapporto superficiale, occasionalmente prolungatosi nel tempo per la fortuità di favorevoli congiunzioni astrali, tra un gestore di piccolo cabotaggio e un’Impresa così compenetrata nella parte di Penelope da convincersi, assurdamente, che il tale in questione fosse l’Ulisse tanto atteso.
“Nihil sub sole novum” (Nulla di nuovo sotto il sole), giacché, all’innalzarsi dell’asticella è corrisposta nuovamente analoga e/o superiore elevazione del livello di prudenza, con inesorabile, scorretta valutazione di tattica e formazione più idonee ad assolvere l’impegno sulla sponda nerazzurra dei Navigli, ma non solo:
gli interpreti deputati a recitare il penoso copione elaborato a tavolino, oltre a denunciare inquietanti limiti tecnici, di cui il ghanese Asamoah è stato l’indiscutibile araldo, hanno palesato un preoccupante deficit di voglia, intensità, aggressività e propensione al sacrificio, in sintesi, di motivazioni, che unito a una mobilità da subbuteo ha prodotto la parodia di squadra ingiustamente premiata, al 21′ della ripresa, da un vantaggio quasi grottesco, il cui mantenimento sino al triplice fischio del sig. Tagliavento da Terni, avrebbe probabilmente conferito ai sabaudi una laurea in cinismo tanto bugiarda quanto pericolosamente fuorviante.
Poiché anche la compiacenza della Musa che presiede i capricci del pallone ha una linea di demarcazione invalicabile, l’illusione è durata poco meno di un allenatore al soldo di Zamparini e, a vaporizzarla, non è stata la commendevole buona volontà di un’Inter tutt’altro che trascendentale, però molto Inda-ffarata a ben figurare, ma bensì la dabbenaggine cronica di gente che, evidentemente impreparata a siffatto contesto, continua a subire reti nelle situazioni di palla inattiva o, giusto per farsi mancar niente, a seguito di triviali errori individuali non provocati.
Al di là delle scelte sconsideratamente autolesionistiche operate da “Serendipity” sia prima che durante le faccende di campo (la rinuncia a giocare e la speculazione sull’eventuale errore dell’avversario sono ormai il suo inossidabile marchio di fabbrica), deve essere sottolineata l’assoluta inadeguatezza del pacchetto mediano al fabbisogno collettivo, chiunque siano i chiamati alla bisogna. Esso né propone né protegge, semplicemente arranca in un disperato bisogno di sostegno proprio dai comparti che dovrebbe supportare ed è costantemente a rischio di naufragio, specialmente se chiamato a inscenare uno spartito in cui, la presenza di un playmaker d’elezione, è imprescindibile; però però, e chissà come mai, la rosa non lo annovera…; forse perché, parafrasando Franco Battiato, a qualcuno non basta mettersi gli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero?
Per giunta, aver paura di chi dovrebbe averne, oltre a contraddire gli stucchevoli richiami a una “halma” solo di maniera, attesta solo la preclara inconsapevolezza delle risorse a disposizione, una mentalità sparagnina non in linea con le stesse, nonché la totale indifferenza alle esigenze del calcio europeo, un ambito del quale, secondo il delirio vaniloquente di certuni, l’attuale facente funzioni di guida tecnica sarebbe addirittura il nuovo profeta.
Per allestire uno schieramento rispettoso delle singole inclinazioni e aderente a logiche pallonare scevre di astruse e improbabili strategie, non occorre aver frequentato le aule di Coverciano, basterebbe affidarsi al normale buon senso, cioè a quella capacità di giudicare con equilibrio e ragionevolezza; dote di cui è chiaramente sprovvisto uno che, mentre la casa si allaga, accetta supinamente l’arrivo di nuovi quadri anziché dell’idraulico.
Vero quanto sopra, nulla è perduto, ma tutto deve essere ancora trovato, auspicabilmente con una certa premura e senza titillare strumentalmente il ricordo di giorni in cui certe manchevolezze sono state obnubilate anche grazie alla benevolenza delle urne e alla complicità di una concorrenza da operetta.
Nel frattempo, è consigliabile l’adozione di un profilo più consono alla realtà, sia da parte di protagonisti e comparse che di quanti, senza cagione, hanno precocemente attribuito loro l’etichetta di cast del millennio.
Augh!
This post was last modified on 19 Settembre 2016 - 19:40