La stagione dell’Inter ha già vissuto un evento cruciale: l’esonero di Roberto Mancini. Nel bel mezzo della preparazione: un cataclisma, considerando lo stato della rosa nerazzurra. Una squadra da ricostruire, ormai da anni, e un ambiente sfiduciato dai risultati delle scorse stagioni.
Se Handanovic ha brillato così tanto, contro avversari modesti, vuol dire che c’è qualcosa che non va. Poche idee di gioco – anche confuse – e troppa dipendenza dalle invenzioni dei singoli: Icardi è il vero faro di questa squadra. Ever Banega dovrebbe essere al centro della costruzione, ma non ha ancora fatto vedere tutto il suo valore. Così come Antonio Candreva, preso per rifornire a dovere Maurito.
Frank De Boer è in bilico, anche se la società si è apprestata a smentire. Va bene che ha avuto poco tempo, ma ora le scuse iniziano a suonare assurde: l’Inter ha giocato contro Chievo, Palermo e Pescara. Senza voler considerare gli israeliani dell’Hapoel Be’er Sheva, avversario decisamente sottovalutato. Quattro gol presi in campionato e due in Europa League, però, non si possono accettare.
Non è una questione di condizione. O, almeno, non solo: questi avversari sono decisamente inferiori, dal punto di vista tecnico. È poco credibile che la sola forma fisica possa colmare una differenza tanto importante. Pare evidente che i problemi siano di natura tattica.
E sono tante le variabili da tenere in considerazione: una, per esempio, può essere la lingua. La comunicazione è un aspetto fondamentale, più di quanto si pensi: lo ripete spesso Allegri. Sia per trasmettere le proprie idee che per motivare qualcuno particolarmente sottotono.
De Boer è un uomo di calcio, che ha sempre vissuto in questo mondo. Che ha vinto tanto sia da calciatore che da allenatore. Ha le idee chiare: vuole costruire calcio, giocando palla a terra, coi giovani. Baricentro molto alto, attitudine dominante: in teoria, almeno, l’atteggiamento di una grande squadra. Ma il problema è trasformare la teoria in pratica, con poco tempo a disposizione.
La difesa soffre, esposta com’è agli attacchi avversari: agli errori individuali, che possono capitare, si aggiunge una palese mancanza di organizzazione. I nerazzurri dovranno rivedere il proprio atteggiamento, molto offensivo, contro i bianconeri: restare troppo alti, senza i dovuti automatismi, potrebbe essere deleterio.
Al centrocampo, invece, va chiesto qualcosa in più: specialmente in costruzione. Ci vuole più velocità, più imprevedibilità: verticalizzazioni e rifornimenti agli esterni è quello che serve. Così che le due ali possano servire Icardi, che si è lamentato: troppo solo, troppo spesso. Ma lui e Handanovic, le due stelle, non bastano.
Potenzialmente, l’Inter è un’ottima squadra: “Uomo per uomo siamo come la Juve”, ha detto Massimo Moratti. Ha esagerato, evidentemente, ma ha centrato la questione: il problema non è la qualità dei singoli. Ecco perché la panchina di De Boer è bollente, ma proprio per questo i bianconeri non possono sottovalutare l’impegno.
L’Inter ha i numeri per fare male, se la concentrazione non dovesse essere alta. L’allenatore olandese sa che la sua squadra deve migliore tanto, ma è innegabile che un colpo di Icardi è sempre dietro l’angolo. È una delle poche armi a disposizione dei nerazzurri, in assenza di un gioco realmente corale.
Attenzione, allora: il derby d’Italia è una partita a sé. Le motivazioni, sicuramente alte, possono spostare gli equilibri: almeno in un tardo pomeriggio milanese. Almeno per novanta minuti, che rischiano di cambiare una stagione. Sarebbe un altro punto di svolta: la Juventus non può permetterlo.
This post was last modified on 17 Settembre 2016 - 17:31